“Senza lo Spirito del Signore non c’è vita cristiana e, senza la sua unzione, non c’è santità. Egli è il protagonista ed è bello oggi, nel giorno nativo del sacerdozio, riconoscere che c’è Lui all’origine del nostro ministero, della vita e della vitalità di ogni Pastore”. Lo ha detto Papa Francesco questa mattina in occasione della messa del giovedì santo. Ad officiare la messa del Crisma è stato il cardinale Angelo De Donatis, Vicario della diocesi di Roma. In serata, è attesa la lavanda dei piedi nel carcere minorile di Casal del Marmo.

Papa Francesco celebra la messa del giovedì santo: il tema dell’unzione

Durante la celebrazione della messa, il Santo Padre, si è soffermato sul tema della unzione:

Il Signore non ci ha solo scelti e chiamati: ha riversato in noi l’unzione del suo Spirito, lo stesso che è disceso sugli Apostoli. Gesù li scelse e sulla sua chiamata lasciarono le barche, le reti, la casa. L’unzione della Parola cambiò la loro vita, finchè arrivò la Pasqua. Lì tutto sembrò fermarsi: giunsero a rinnegare e abbandonare il Maestro. Fecero i conti con la loro inadeguatezza e compresero di non averlo capito: forse si aspettavano una vita di successi dietro a un Messia trascinatore di folle e operatore di prodigi, ma non riconoscevano lo scandalo della croce, che sbriciolò le loro certezze. Gesù sapeva che da soli non ce l’avrebbero fatta e per questo promise loro il Paraclito.

Poi c’è la Pentecoste, ovvero, la seconda unzione:

Fu quell’unzione di fuoco a estinguere la loro religiosità centrata su sé stessi e sulle proprie capacità: accolto lo Spirito, evaporano le paure e i tentennamenti. Un simile itinerario abbraccia la nostra vita sacerdotale e apostolica.

Infine c’è la tappa pasquale, che segna il momento della verità:

Ed è un momento di crisi, che ha varie forme. A tutti, prima o poi, succede di sperimentare delusioni, fatiche e debolezze, con l’ideale che sembra usurarsi fra le esigenze del reale, mentre subentra una certa abitudinarietà e alcune prove, prima difficili da immaginare, fanno apparire la fedeltà più scomoda rispetto a un tempo.

E qui Bergoglio avverte:

Si può uscirne male, planando verso una certa mediocrità, trascinandosi stanchi in una normalità dove si insinuano tre tentazioni pericolose: quella del compromesso, per cui ci si accontenta di ciò che si può fare; quella dei surrogati, per cui si tenta di ricaricarsi con altro rispetto alla nostra unzione; quella dello scoraggiamento, per cui, scontenti, si va avanti per inerzia, quando si scivola sul clericalismo…”.

Ma si tratta tuttavia di una crisi che, come afferma il papa, può diventare “una svolta del sacerdozio” con l’auto dello Spirito Santo.

“Lo spirito è maestro interiore”

Il pontefice ha spronato i fedeli con queste parole: 

Lo Spirito è maestro interiore da ascoltare, custodiamo l’unzione: invocare lo Spirito sia non una pratica saltuaria, ma il respiro di ogni giorno. Lo Spirito Santo è armonia. Anzitutto in Cielo. E poi in terra: nella Chiesa Egli è infatti quella divina e musicale Armonia che tutto lega. Suscita la diversità dei carismi e la ricompone in unità, crea una concordia che non si fonda sull’omologazione, ma sulla creatività della carità.

E ha concluso:

Lo Spirito predilige la forma comunitaria: la disponibilità rispetto alle proprie esigenze, l’obbedienza rispetto ai propri gusti, l’umiltà rispetto alle proprie pretese. L’armonia non è una virtù tra le altre, è di più. Il sacerdote sia anche gentile: se la gente trova persino in noi persone insoddisfatte e scontente che criticano e puntano il dito, dove vedrà l’armonia? Accogliamo e perdoniamo, sempre! E ricordiamo che l’essere spigolosi e lamentosi, oltre a non produrre nulla di buono, corrompe l’annuncio, perché è contro-testimonia Dio, che è comunione e armonia.