Omar è noto alla cronaca italiana per aver massacrato in una villetta di Novi Ligure la madre e il fratellino di Erika, la fidanzata che ha a sua volta preso parte all’omicidio. Dopo la tragedia del 21 febbraio del 2001 e la condanna a 14 anni, Omar si è sposato e ha avuto una figlia, ma non ha abbandonato la violenza, mettendo fine al matrimonio. Omar è stato accusato di violenza sessuale nei confronti della ex moglie e di terribili maltrattamenti intercorsi per anni sia su di lei sia sulla figlia. Si tratta di minacce di morte, percosse, soprusi fisici e psicologici e violenza verbale: “Ti sfregio la faccia con l’acido“, “ti mando su una sedia a rotelle“, “ti faccio la festa”.

Omar, vent’anni dopo il massacro di Novi Ligure non si placa la violenza

La procura di Ivrea ha tentato di trovare una soluzione chiedendo una misura cautelare per Omar, con il divieto di avvicinamento alla donna, conosciuta otto anni fa sui social. Il giudice non ha approvato però la misura, dal momento che la coppia si è separata e, dunque, secondo il magistrato non c’è più l’attualità del pericolo. I fatti sarebbero avvenuti infatti tutti prima del 2022. Secondo il gip, ormai Omar ha espiato la colpa per quanto fatto vent’anni fa e questo non può gravare ora sulla sua libertà. Si dice d’accordo l’avvocato di Omar Lorenzo Repetti:

Il suo passato non c’entra ma continua a perseguitarlo e non deve essere strumentalizzato come invece si sta cercando di fare in una vicenda che guarda caso nasce proprio durante una causa di separazione dove è in discussione l’affidamento della figlia.


La pm Valentina Bossi e la procuratrice capo di Ivrea Gabriella Viglione tuttavia hanno continuato a lavorare per un’ulteriore valutazione del rischio delle violenze portate avanti da Omar e hanno fatto appello contro il rifiuto della misura. Il fascicolo è giunto al tribunale del riesame di Torino, il quale dovrà rivalutare la situazione effettiva di rischio che stanno correndo le vittime.

Le accuse di violenza perpetrata tra il 2019 e il 2021, indagini ancora in corso

Le violenze di Omar sulla moglie, secondo quanto si sa, sarebbero iniziate durante il periodo del Covid, tra il 2019 e il 2021. La moglie sarebbe stata costretta a subire violenze sessuali e sarebbe stata legata ai polsi e alle caviglie per non opporre resistenza. Inoltre, non poteva scegliere liberamente i propri vestiti o praticare la propria religione. E tanto meno di gestire i propri guadagni, che doveva dare direttamente a Omar. Nemmeno la bimba è rimasta fuori da questa spirale di violenza. Il difensore, tuttavia, nega tutto: «Omar ha appreso solo ora di queste imputazioni totalmente infondate. A febbraio una perizia del giudice civile ha confermato la sua capacità genitoriale. A marzo è finito di nuovo sotto accusa».

Le indagini sono ancora in corso e sono state scrupolose per tentare di ricostruire cosa sia successo, tentando di scalfire la paura dell’ex moglie. La donna dopo la separazione ha cercato di rifarsi una vita, trovando un nuovo compagno e trasferendosi altrove. Ma Omar avrebbe minacciato anche lui. Il clima tra i due era di paura costante, di insulti e di controllo, tra cellulari rotti e il divieto di avvertire i carabinieri. La donna è riuscita a chiedere aiuto solo dopo tempo, dal momento che in precedenza ogni richiesta di aiuto sarebbe stata bloccata dall’ex marito. Una volta un carabiniere le si sarebbe avvicinato per strada per chiederle se andasse tutto bene. Omar, sottovoce all’orecchio, le avrebbe intimato: «Guai a te se parli».