Mentre svanivano le speranze di trovare ancora viva Giulia Tramontano, la 29enne di Senago incinta al settimo mese scomparsa dallo scorso sabato sera, e il nome del compagno, Alessandro Impagnatiello, veniva iscritto sul registro degli indagati con l’accusa di omicidio volontario aggravato, in tanti hanno iniziato a porsi delle domande: perché? Cosa può spingere a tanto? Come si fa a giustificare un’azione così? Un’azione che, con violenza, strappa alla vita, allo stesso tempo, due persone innocenti, di cui una sul nascere? Sono interrogativi che sorgono sempre, in occasione di tragedie come questa. E che riportano alla mente un’altra drammatica storia: quella di Melania Rea.

Melania Rea, storia della donna uccisa a Teramo nel 2011

Giulia Tramontano è stata uccisa dal compagno, reo confesso, dopo aver scoperto che lui la tradiva con un’altra donna, rimasta incinta anche lei. Dopo aver tentato di sviare le indagini, il 30enne sarebbe crollato, davanti agli inquirenti, ammettendo il suo coinvolgimento nel delitto e svelando il luogo di occultamento del cadavere. Quando è stata aggredita, era incinta al settimo mese. Melania Rea, la donna uccisa nell’aprile del 2011 a Teramo, la sua bimba l’aveva da poco data alla luce. Quando è morta, per mano del marito, Salvatore Parolisi, la piccola aveva appena 18 mesi. Dopo la denuncia di sparizione, il corpo della 29enne viene rinvenuto quasi subito: è un uomo di mezza età dell’area a trovarlo, in un boschetto delle Casermette di Ripe di Civitella del Tronto.

Chiama i carabinieri. Quando gli inquirenti arrivano sul posto, dopo aver identificato la vittima, capiscono subito che è stata uccisa: sul suo corpo sono presenti ferite compatibili ad armi bianche. Stando ai rilievi, avrebbe ricevuto oltre 35 coltellate, nessuna mortale. Sulla sua pelle è stata incisa una svastica. Sul suo giubbino in semilpelle è stata conficcata una siringa. Tentativi, si scoprirà in seguito, di depistare le indagini. Gli slip e i collant sono sotto al ginocchio. Per questo, fin dall’inizio, si pensa che possa essere stata aggredita al culmine di una violenza sessuale. L’autopsia lo esclude.

Si capisce così che è stata colta di sorpresa, probabilmente dopo essersi appartata per fare pipì nel bosco – nel corso di una gita in famiglia -, da qualcuno che conosceva. Visto che, stando agli accertamenti, non avrebbe urlato. I sospetti, così, si concentrano su chi la conosceva. In particolare sul marito. E ben presto si scopre che un movente ci sarebbe: Parolisi, caporal maggiore dell’esercito ad Ascoli, nelle fila dell’esercito avrebbe un’amante, una soldatessa. Melania, raccontano alcuni testimoni, lo sapeva, ma aveva deciso di perdonarlo, per far crescere loro figlia, Vittoria, in un ambiente più sereno. Per non dover giustificare l’assenza del padre, che le avrebbe fatto male.

Il ruolo del marito

Era stato lui, alla fine, a scegliere per entrambi, promettendo all’amante che l’avrebbe lasciata e che insieme si sarebbe ricostruiti una vita. Non ce l’aveva fatta. E le sue stesse bugie l’avevano portato ad uccidere. Ad incastrarlo è una prova, su tutte: il bacio che avrebbe dato a sua moglie poco prima di ucciderla. Nell’area dell’arcata dentaria della vittima vengono infatti rilevate delle tracce del suo Dna. Tracce che dicono che si trovava lì un attimo prima che Melania morisse. E che lui, quindi, sarebbe l’assassino.

Con te sarà sempre un nuovo giorno d’amore,

c’era scritto, accanto al nome “Salvatore”, su un braccialetto che la vittima indossava al polso. Non avrebbe mai potuto sapere che sarebbe stata strappata alla vita, lasciando da sola una bambina così piccola, dall’uomo che amava. Come Giulia. Che avrebbe scoperto la vita parallela del compagno solo poche ore prima del delitto. I tre avrebbero avuto un incontro chiarificatore, nel corso del quale la 29enne avrebbe appreso che anche l’altra donna era rimasta incinta. Poi, dopo un’accesa discussione col fidanzato, di lei si erano perse le tracce.