“Fu molto più di una prova di coraggio”, secondo la madre di Ciccio e Tore, quella a cui i figli sarebbero stati sottoposti da parte di alcuni amici più grandi, che li avrebbero istigati ad entrare nella Casa delle cento stanze, il casolare abbandonato dove i due ragazzini, di 13 e 11 anni, furono ritrovati morti all’interno di una cisterna nel 2008, due anni dopo la loro scomparsa, a Gravina di Puglia. Dopo l’appello del padre delle vittime che, a 15 anni dalla morte dei figli, lo scorso febbraio, ha chiesto ai magistrati di riaprire le indagini sulla vicenda, anche la madre, Rosa Carlucci, è tornata ad invocare giustizia.

Ciccio e Tore madre, l’appello: “Riaprite le indagini”

“Sono troppi i punti oscuri sulla vicenda. Ci sono persone, ragazzi ma probabilmente anche adulti, che hanno nascosto la verità e ora voglio capire perché lo hanno fatto”, aveva dichiarato Filippo Pappalardi il 25 febbraio scorso, in occasione del 15esimo anniversario della morte dei suoi figli, Francesco e Salvatore, “Ciccio e Tore”, scomparsi nel 2006 e trovati senza vita due anni dopo all’interno di una cisterna in un casolare abbandonato di Gravina di Puglia. “Chi sa parli, i miei figli non erano soli il pomeriggio in cui finirono nel pozzo, sanno qualcosa i loro compagni di giochi e anche i loro genitori. Chi ha detto troppo poco, chi ha ritrattato, chi ha depistato, si metta una mano sulla coscienza”, aveva fatto sapere dalle pagine di Repubblica.

Nonostante i numerosi interrogativi rimasti aperti sul caso – gli inquirenti ipotizzarono che i bambini fossero caduti nel pozzo nel corso di un gioco con alcuni coetanei, ma nessuno seppe mai dire con precisione quanto fosse accaduto, tanto che lo stesso papà dei bambini finì in carcere da innocente -, la Procura di Bari non ha mai accettato la richiesta di riaprire le indagini, respingendo l’istanza più volte, l’ultima nel luglio 2021. Tanto che ora anche la madre dei ragazzini, Rosa Carlucci, è tornata ad invocare giustizia. “Fu molto più di una prova di coraggio. I miei figli furono istigati da qualcuno ad andare nella Casa delle cento stanze”, ha dichiarato la donna al Corriere della Sera. “Da soli non si sarebbero mai avvicinati – ha affermato -, anche perché era un posto che non frequentavano. Sono sicura che con loro ci fossero altri ragazzi, che sapevano dov’erano finiti e non hanno mai voluto parlare. Ciccio e Tore potrebbero essere state vittime di omicidio, per questo a breve presenteremo un’istanza per chiedere la riapertura delle indagini sulla loro morte”.

Secondo la donna, ci sarebbero troppe incongruenze nelle testimonianze degli amici dei due ragazzini sentiti dagli inquirenti in seguito ai fatti. “E ci sono stati troppi errori nelle indagini – ha aggiunto -. Le testimonianze dei ragazzi furono considerate inattendibili, ma alcuni dettagli corrispondevano. Uno di loro disse di aver messo una lastra di compensato sul buco di ingresso del pozzo, ‘per vedere cosa succedeva se ci salivi su’. E nella cisterna in cui sono stati ritrovati i miei figli c’erano frammenti di compensato, anche sulla schiena di uno dei due. Come ci è finito del compensato accanto ai loro corpi? Sono stati spinti, o addirittura scaraventati contro questa lastra? Chi ha rilasciato queste dichiarazioni non è più stato ascoltato, perché? È evidente che con Ciccio e Tore ci fosse qualcuno che non ha mai voluto dire niente, ragazzini che hanno taciuto e adulti che li hanno convinti a non parlare”. Se qualcuno lo avesse fatto per tempo, forse almeno uno dei due si sarebbe salvato: Ciccio morì sul colpo, cadendo, ma Tore, secondo l’esame autoptico effettuato in seguito sulla salma, sarebbe morto di stenti solo un paio di giorni dopo.