“Riaprite le indagini, chi sa parli”. È questo, in sintesi, l’appello del padre di Ciccio e Tore Pappalardi, Filippo, che, a 15 anni dalla morte dei suoi figli, scomparsi nel 2006 e poi ritrovati nel 2008 all’interno di un pozzo, chiede che siano svelati i punti oscuri sulla vicenda.

Ciccio e Tore Pappalardi: la scomparsa e il ritrovamento dei corpi

È il 5 giugno del 2006 quando, dopo essere usciti a giocare, Francesco e Salvatore Pappalardi – Ciccio e Tore, come tutti li chiamano a Gravina di Puglia, di 13 e 11 anni – non tornano a casa. Sono le 23.50 quando il papà Filippo – a cui il Tribunale per i minorenni di Bari ha affidato i ragazzi, dopo la separazione dalla moglie – ne denuncia la scomparsa ai carabinieri. Immediatamente partono le ricerche, che però sembrano portare a un nulla di fatto: più passa il tempo, più le speranze di trovarli vivi si riducono e il mirino degli inquirenti si concentra sulla pista familiare: pista che il 27 novembre 2007 si conclude con l’arresto del padre dei bambini, accusato di averli uccisi e di averne nascosto i corpi. I capi di imputazione vanno da sequestro di persona a occultamento di cadavere.

Dei bambini raccontano infatti di aver giocato con Ciccio e Tore poco prima della scomparsa, dichiarando, davanti agli inquirenti, di averli visti salire sull’auto del padre la sera stessa. Secondo loro, l’uomo li avrebbe anche rimproverati per essersi bagnati dopo essersi lanciati dei gavettoni. L’ipotesi è che i due abbiano disubbidito e che il padre abbia voluto punirli, esagerando. Ma, pochi mesi dopo, il 25 febbraio 2008, tutto cambia: è pomeriggio quando un bambino di 11 anni che stava giocando con degli amici cade all’interno di una cisterna di un vecchio stabile abbandonato, precipitando per 25 metri in un pozzo che dal tetto arriva sotto il livello stradale. Calandosi al suo interno, i vigili del fuoco riescono a metterlo in salvo, scoprendo anche i resti umani di due bambini: i rilievi effettuati permettono agli inquirenti di appurare che si tratta dei due scomparsi. L’esame autoptico conferma anche che non hanno subìto maltrattamenti: sono morti di stento all’interno del pozzo dove sono precipitati, forse, nel corso di un gioco. Il papà dei piccoli viene quindi scagionato dalle accuse, è innocente, e risarcito con una somma di 20mila euro per l’ingiusta detenzione e di 45mila euro per i danni esistenziali. Ma sulla vicenda ci sono ancora molti interrogativi aperti.

L’appello del padre a 15 anni dal ritrovamento: “Riaprite le indagini”

Filippo Pappalardi non ha mai smesso di chiedere giustizia e ora, a 15 anni dal ritrovamento dei corpi dei suoi figli, chiede che si torni ad indagare per fare luce su quanto accaduto. Secondo lui, ci sarebbero state delle lacune nelle indagini. L’ipotesi è che i bambini avrebbero potuto salvarsi, se solo qualcuno, qualche testimone, avesse parlato. “Sono troppi i punti oscuri sulla vicenda – ha spiegato l’uomo al Quotidiano di Puglia -. Ci sono persone, ragazzini ma probabilmente anche adulti, che hanno nascosto la verità e ora voglio capire perché lo hanno fatto”. E dalle pagine di Repubblica lancia un appello: “Chi sa parli, i miei figli non erano soli il pomeriggio in cui finirono nel pozzo, sanno qualcosa i loro compagni di gioco e anche i loro genitori. Chi ha detto troppo poco, chi ha ritrattato, chi ha depistato, si metta una mano sulla coscienza”. La Procura di Bari non ha mai accettato la richiesta di riaprire le indagini, respingendo l’istanza più volte, l’ultima nel luglio 2021. Pappalardi si è quindi rivolto al gip di Bari, Giuseppe De Benedictis, lo stesso che ne aveva ordinato la carcerazione e oggi a sua volta recluso per corruzione e detenzione di un arsenale di guerra. “Si liberi la coscienza, racconti chi e perché ha voluto il mio arresto. Bisogna indagare su come sono morti Ciccio e Tore, ma anche su come sono state condotte le indagini”, ha dichiarato.