Riforma pensioni 2023, rimandato il tavolo in programma per la giornata di oggi: in agenda opzione donna, bonus figli e riscatto laurea. Non si terrà più l’8 febbraio l’incontro previsto al ministero del Lavoro, alla presenza dei sindacati, sulle nuove misure di pensione che dovranno essere introdotte per il superamento, per lo meno parziale, della legge Fornero. Il nuovo incontro è stato messo in calendario per lunedì prossimo, 13 febbraio, a margine delle elezioni Regionali in Lombardia e Lazio. Per il prossimo tavolo, non è prevista la presenza delle associazioni datoriali che dovrebbero essere convocate in incontri successivi: ci saranno i sindacati con i quali il ministero guidato da Marina Elvira Calderone ha messo in agenda la questione delle pensioni anticipate con la misura dell’opzione donna, in particolare per ridiscutere dei requisiti di uscita modificati, per il 2023, dalla recente legge di Bilancio. Non è l’unico nodo in programma, essendo prioritaria per i sindacati anche la questione dei giovani lavoratori e, in generale, delle generazioni meno prossime alla pensione: le carriere discontinue e i pochi contributi versati che caratterizzano l’andamento lavorativo dei contribuenti degli ultimi 20 anni preoccupano, e non poco, le sigle sindacali e il governo sia per gli strumenti futuri di uscita dal lavoro che per la stabilità dei conti pubblici.

Riforma pensioni 2023, rimandato il tavolo di oggi: in agenda opzione donna

È stato rimandato l’incontro previsto per oggi al ministero del Lavoro alla presenza di Cgil, Cisl e Uil per discutere di riforma delle pensioni in vista del provvedimento da adottare nel corso del 2023 per superare, almeno in parte, la legge Fornero. Il prossimo incontro è in programma per lunedì prossimo, 13 febbraio, giorno nel quale si discuterà in particolare di opzione donna. La misura, largamente modificata nei suoi requisiti di accesso per il 2023, prevede l’uscita anticipata a 60 anni per tutte (e non più a 58 anni per le lavoratrici dipendenti e 59 anni per le autonome come è avvenuto fino al 2022), unitamente a 35 anni di contributi versati e al ricalcolo con il meccanismo contributivo dei versamenti ai fini del futuro assegno di pensione. L’idea dei sindacati è quella di ritornare ai vecchi requisiti che, durante lo scorso anno, avevano permesso a più lavoratrici di uscire anticipatamente dal lavoro. Secondo i dati dell’Inps, infatti, le pensioni liquidate nello scorso anno con opzione donna sono state 23.812, il 15 per cento in più rispetto al 2021. Con l’innalzamento dei requisiti del 2023 si prospetta una riduzione dei numeri delle lavoratrici che avranno diritto ad andare in pensione con opzione donna. Resta in piedi, tuttavia, l’ipotesi di continuare a prevedere l’età minima di opzione donna a 60 anni, eliminando la questione figli con il bonus fino a due anni per le lavoratrici madri (fino a 2 figli). I bonus contributivi, in ogni modo, potrebbero rientrare in un progetto di più ampio raggio, consentendo alle donne madri di avere una maggiore copertura contributiva, al di là di opzione donna.

Bonus figli, riscatto laurea e pensione integrativa tra i nodi dei giovani

Sul tavolo di riforma delle pensioni ci sarà anche la questione delle giovani generazioni, contribuenti che risulterebbero ad oggi penalizzati da carriere lavorative con buchi contributivi, periodi di disoccupazione e versamenti non paragonabili per numero di anni a chi sta andando adesso in pensione. Le soluzioni da adottare dovranno garantire un impatto non troppo penalizzante sui conti pubblici, in continuità con la politica di riduzione delle spese previdenziali adottata con la riforma Fornero. Per questo motivo, le soluzioni dovranno ammettere nuovi strumenti tra i quali rientrerebbe un nuovo riscatto agevolato della laurea, simile a quello già previsto dal decreto 4 del 2019 che introdusse quota 100 e la stabilità dei requisiti della pensione anticipata fino al 2026. Tuttavia, la maggioranza di governo sarebbe compatta nel proporre con forza lo strumento dei fondi pensione, con una nuova versione del “silenzio-assenso” per la destinazione del Trattamento di fine rapporto verso la previdenza integrativa.