30 Dec, 2025 - 15:20

Manfredi rompe gli indugi: la mossa del sindaco di Napoli per guidare il campo largo

Manfredi rompe gli indugi: la mossa del sindaco di Napoli per guidare il campo largo

Un'intervista che serve a segnalare una disponibilità, seppur non esplicitata, a lanciare qualche frecciata e a far capire che, in vista delle prossime elezioni politiche, la leadership del campo largo non debba essere cercata né in Schlein o in Conte, né in una personalità emergente — come la sindaca di Genova, Silvia Salis — né tantomeno all’esterno.

Questo è il senso dell’intervista rilasciata ieri al Foglio da Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli. Un’intervista che, per modalità e temi affrontati, segna un cambio di passo nella strategia del sindaco, invocato da mesi come possibile federatore tra Pd e 5S. Un’eventualità che, come traspare dalle sue parole, non sembrerebbe dispiacere affatto all’ex ministro dell’Università del governo Conte II.

Manfredi, il possibile federatore del centrosinistra

Che il profilo di Gaetano Manfredi possa fungere da sintesi tra le diverse anime del centrosinistra è d’altronde indubbio. Come ex rettore dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, ex presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) e, infine, ex ministro dell’Università e della Ricerca nel governo Conte II, Manfredi è un personaggio particolarmente apprezzato dal mondo del civismo.

A livello politico, pur essendo di casa nel PD — anche se del partito non ha mai preso la tessera — Manfredi ha rappresentato in questi anni una cerniera importante tra dem e Movimento 5 Stelle, a partire dall’esperimento vincente del “riformismo radicale”, come lui lo definisce, che oggi governa Napoli. Non a caso, forte degli ottimi rapporti con entrambi i partiti, Manfredi è stato protagonista fondamentale negli scorsi mesi della lunga trattativa che ha sciolto i nodi che ostacolavano l’alleanza che, in Campania, ha poi portato alla vittoria di Roberto Fico e del campo largo.

Il ruolo politico di Manfredi tra Pd e Movimento 5 Stelle

Se il suo possibile ruolo come federatore non sembra pertanto sorprendere gli osservatori, a colpire è il fatto che, per la prima volta, Manfredi abbia rilasciato un’intervista che implicitamente conferma una disponibilità a calarsi nel ruolo di leader che, alle prossime elezioni politiche, dovrà sfidare Giorgia Meloni.

“Io credo che la partita sia aperta”, ha detto il sindaco di Napoli, “credo che Meloni si possa battere, ma serve una proposta credibile. Il Pd non è ancora pronto, fa fatica”, la prima osservazione di Manfredi, secondo il quale “serve qualcosa che vada oltre una coalizione”.

Parole in cui è impossibile non leggere una critica ai “testardamente unitari” di Elly Schlein, sulla quale peraltro Manfredi glissa elegantemente alla domanda se sarebbe una buona candidata premier: “È giovane, anche Meloni era giovane, ma parlare adesso di ruoli a cosa serve?”. La critica a Schlein emerge anche nei contenuti assenti nella proposta del Partito Democratico: “A sinistra si parla troppo poco di lavoro”.

Il cambio di strategia di Manfredi

Eppure, solo un mese fa, il sindaco di Napoli definiva la candidatura a premier di Schlein “la soluzione naturale” per il centrosinistra. La domanda, allora, è cosa sia cambiato.

Certamente, come riconosciuto anche da esponenti del Partito Democratico, le parole di Manfredi non possono essere lette come casuali: l’accortezza del sindaco, oltre al cambio di postura, è rappresentativa di un mutamento in corso dietro le quinte, che in molti attribuiscono alla regia Prodi-Franceschini-Gentiloni. Un riferimento che Carmelo Caruso cita nella sua intervista a Manfredi: “Si dice che in un palazzo di Roma dei giuristi stiano scrivendo il programma di Manfredi premier”. “Non è vero”, la laconica risposta del sindaco.

Primarie, alleanze e Silvia Salis 

Ma l’indizio sulla volontà di Manfredi di essere presente, di affacciarsi nella conta che inizia a farsi nel centrosinistra, arriva anche da un altro passaggio dell’intervista.

Ad essere cassata, dal sindaco di Napoli, non è solo la candidatura di Schlein a guida della coalizione, ma anche l’idea delle primarie: “Sono utili se c’è una figura su cui c’è larga convergenza, altrimenti finirebbero per introdurre nuove fratture e dilaniare”. Furono utili per Prodi, spiega il sindaco, ma non possono esserlo ora.

Un riferimento, seppur indiretto, a Silvia Salis, sindaca di Genova, la cui figura ha guadagnato nei mesi crescente popolarità, attirando interesse su un possibile ruolo come nuova leader del mondo progressista. Ipotesi che, a dire il vero, Salis ha sempre respinto, ma che negli scorsi mesi non hanno mai perso quota. “Non esiste solo Silvia Salis”, sarebbe stato il commento che Manfredi avrebbe fatto dietro le quinte.

Il rapporto con Conte

E per quanto riguarda Conte? Se per tutto il Partito democratico è evidente il tentativo continuo di Conte di insinuare la possibile leadership di Schlein — se non altro come segretaria del partito che, all’interno della coalizione, ha più voti — il sindaco di Napoli non sembra preoccupato dalle possibili manovre del suo ex presidente del Consiglio. “Ho lavorato con Conte, lui non vuole sabotare, anche perché abbiamo imparato che divisi si perde e c’è voglia di vincere, non si corre per perdere”.

Anche le divisioni di politica estera, spesso inconciliabili tra Pd e M5S, non sembrano un problema per il sindaco federatore: per ricucirle serve un “leader di sinistra che tenga la barra dritta”. Forse non Schlein, ma lui, magari, sì.

 

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