Gli Stati Uniti hanno negato il visto a cinque cittadini europei accusandoli di aver esercitato pressioni sulle aziende tecnologiche americane per limitare la libertà di espressione. La decisione apre un nuovo fronte di scontro tra Washington e Bruxelles sulle normative digitali europee, in particolare sul Digital Services Act.
L'amministrazione americana hanno deciso di negare i visti a cinque cittadini europei, tra cui l’ex commissario europeo al Mercato interno, Thierry Breton. Questi nomi sono stati accusati di aver tentato di fare pressione sulle aziende tecnologiche affinché censurassero o sopprimessero punti di vista americani.
Il segretario di Stato statunitense, Marco Rubio, ha parlato di “misure per impedire l’ingresso negli Stati Uniti alle figure di spicco del complesso industriale della censura globale” in un post pubblicato su X, senza fare i nomi delle persone prese di mira.
“Per troppo tempo, gli ideologi in Europa hanno guidato iniziative organizzate per costringere le piattaforme americane a punire i punti di vista americani a cui si oppongono. L’amministrazione Trump non tollererà più questi atroci atti di censura extraterritoriale”, ha scritto Rubio.
Il segretario di Stato ha inoltre aggiunto che le autorità statunitensi sono “pronte e disposte” ad ampliare la lista includendo altre persone, qualora non vi fosse un cambiamento di rotta.
For far too long, ideologues in Europe have led organized efforts to coerce American platforms to punish American viewpoints they oppose. The Trump Administration will no longer tolerate these egregious acts of extraterritorial censorship.
— Secretary Marco Rubio (@SecRubio) December 23, 2025
Today, @StateDept will take steps to…
Il sottosegretario di Stato americano, Sarah Rogers, ha affermato:
Secondo quanto riportato da The Guardian, insieme a Thierry Breton figurano anche Imran Ahmed, amministratore delegato del Centre for Countering Digital Hate; Josephine Ballon e Anna-Lena von Hodenberg, alla guida dell’organizzazione tedesca HateAid; e Clare Melford, responsabile del Global Disinformation Index.
Thierry Breton ha contribuito in modo significativo alla promozione del Digital Services Act dell’Unione Europea. In un post su X, l’ex commissario ha replicato alle accuse con toni duri:
Is McCarthy’s witch hunt back? ????
— Thierry Breton (@ThierryBreton) December 23, 2025
As a reminder: 90% of the European Parliament — our democratically elected body — and all 27 Member States unanimously voted the DSA ????????
To our American friends: “Censorship isn’t where you think it is.”
Il Digital Services Act (DSA) rappresenta la normativa cardine dell’Unione Europea contro i discorsi d’odio, la disinformazione e i contenuti illeciti sulle piattaforme digitali. Washington, tuttavia, lo critica definendolo un freno alla libertà di espressione e un onere eccessivo per le grandi aziende tecnologiche statunitensi.
Entrato in vigore nel 2024, il DSA impone obblighi di trasparenza e responsabilità a colossi come Meta, Google e X. L’Unione Europea lo difende come uno strumento democratico. Queste norme si inseriscono in un quadro più ampio che comprende anche il Digital Markets Act (DMA), la legge europea contro i monopoli digitali delle big tech.
Il divieto di visto è stato ampiamente interpretato come parte di una campagna più vasta contro le normative europee che i funzionari statunitensi definiscono come misure che vanno oltre una regolamentazione considerata legittima.