Il Consiglio europeo di Bruxelles si prepara ad una delle riunioni più delicate degli ultimi anni, chiamata a decidere non solo il futuro del sostegno finanziario all’Ucraina, ma anche la coesione dell’Unione europea. Al centro del confronto tra i leader dei Ventisette c’è l’uso dei beni russi congelati, una scelta che divide le capitali europee.
Il Consiglio europeo di Bruxelles, avviato il 18 dicembre, sarà decisivo sia sul piano della sicurezza sia per l’unità del blocco. Il nodo centrale del vertice riguarda la scelta su come e se impiegare i fondi russi congelati. Questo tema rappresenta anche l’elemento di maggiore divisione tra gli stati membri.
L’UE ha già deciso di congelare a tempo indeterminato i beni russi. Ciò consente di evitare il rinnovo ogni sei mesi, che richiedeva l’unanimità. Questa scelta è stata decisiva per aprire la strada all’approvazione dell’uso di questi beni, che richiede una maggioranza qualificata, ovvero almeno il 65 per cento della popolazione dell’Unione.
I capi di stato e di governo dei paesi membri decideranno quindi come finanziare l’Ucraina nel biennio 2026-2027. La decisione è fondamentale per garantire un sostegno finanziario salvavita a Kiev. Per molti, non si tratta soltanto di aiuti economici, ma anche di una dimostrazione dell’unità degli stati membri e di un impegno duraturo a favore dell’Ucraina.
Le divisioni, tuttavia, persistono.
Il governo belga è contrario all’utilizzo dei beni sovrani russi. Il Belgio detiene infatti la maggior parte di questi asset, depositati presso l’istituto Euroclear. Il paese si oppone citando il rischio di eventuali ritorsioni finanziarie e legali da parte di Mosca e ha chiesto una condivisione delle responsabilità tra gli altri stati membri nel caso di cause legali e di una possibile restituzione dei fondi. La banca centrale russa ha già citato in giudizio Euroclear.
Solo una settimana fa, tra gli oppositori si sono aggiunti anche Italia, Bulgaria e Malta. Per alcuni analisti, il voto a favore del congelamento indeterminato da parte di Belgio, Bulgaria, Italia e Malta rappresenta un segnale che potrebbe cambiare gli equilibri ma resta al momento solo un’ipotesi.
L’Ungheria di Viktor Orban e la Slovacchia di Robert Fico figurano tra gli altri oppositori. Anche la Repubblica Ceca, sotto la guida del neo primo ministro Andrej Babis, non è favorevole a dare il via libera all’uso dei beni sovrani russi.
Il prestito di riparazione ha come principale sostenitrice la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Anche la Germania, sotto la guida di Friedrich Merz, appoggia questa opzione.
Tra i sostenitori convinti del piano figurano anche i paesi nordici: la Danimarca di Mette Frederiksen, la Finlandia di Petteri Orpo e la Svezia di Ulf Kristersson. A questi si aggiungono la Polonia di Donald Tusk e l’Irlanda di Micheal Martin, seguiti dai paesi baltici: l’Estonia di Kristen Michal, la Lettonia di Evika Siliņa e la Lituania di Gitanas Nauseda. Anche i Paesi Bassi sono tra coloro che si esprimono a favore.
Tra i paesi favorevoli figurano inoltre Spagna e Portogallo, che mantengono però un atteggiamento più cauto.
Resta incerta la posizione della Francia di Emmanuel Macron. La decisione di Parigi è considerata particolarmente rilevante, dal momento che il paese detiene circa 18 miliardi di euro di beni russi congelati.
Nel caso in cui non si raggiunga un accordo, la Commissione europea dispone di un piano B: un prestito finanziato attraverso il bilancio dell’UE. Questa opzione, tuttavia, richiederebbe l’unanimità degli stati membri.
Da ricordare, però, che Bruxelles considera l’opzione del “prestito di riparazione”, basata sull’uso dei beni russi congelati, come la soluzione migliore.