Il tentativo di ieri di Matteo Salvini di respingere definitivamente le accuse di filoputinismo ha avuto scarso effetto.
Le parole di Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, che ha definito pubblicamente “indiscutibili” le dichiarazioni di Salvini su Ucraina e Russia, riportano oggi al centro del dibattito politico e mediatico le posizioni del vicepremier verso Mosca. Un tema che, a dire il vero, tiene banco da mesi: la premier Giorgia Meloni deve confrontarsi quasi quotidianamente con le bordate dell’alleato leghista, poco incline a sostenere Kiev e favorevole a posizioni certamente più indulgenti nei confronti della Russia.
“Mi hanno accusato di essere putiniano, trumpiano, orbaniano, ma io sono vicepresidente del Consiglio con il voto degli italiani. Non faccio il tifoso, ‘sono con Putin o con Zelensky’: io sono con la pace e con l’Italia. Semplicemente rimarco che non siamo in guerra con la Russia”, ha spiegato ieri Salvini, ospite di Nicola Porro a Quarta Repubblica, rivendicando una posizione pragmatica sul conflitto russo-ucraino e sulle strategie che dovrebbe seguire l’Unione europea.
Una prudenza, secondo il leader della Lega, resa ancora più necessaria dal fatto che “e non ci sono riusciti né Hitler né Napoleone con le loro campagne di Russia a piegare Mosca, difficilmente ci riusciranno Kallas, Macron, Starmer e Merz”.
La rievocazione storica delle campagne di Russia del 1812 e del 1941 è stata particolarmente apprezzata dalla portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, che sul suo canale Telegram ha commentato: “Il paragone è esatto, la conclusione è indiscutibile”.
Un plauso dal quale ha subito cercato di prendere le distanze il presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana, ammettendo che “è vero che né Hitler né Napoleone riuscirono a invadere la Russia”, ma aggiungendo anche che “la Russia è un Paese che ha fallito completamente la guerra”, senza dimostrare “grandissime capacità”.
Il paragone, a dir poco azzardato, fatto da Salvini tra le azioni di Napoleone e Hitler e quelle dei presidenti e primi ministri dei Ventisette e dei vertici dell’Unione Europea non sorprende. Da mesi, infatti, il leader leghista porta avanti una campagna, almeno a parole, sempre più critica verso le strategie di supporto a Kiev, ritenuta sconfitta nella guerra con la Russia.
Va però precisato che, sul voto in Parlamento, la Lega non ha mai fatto mancare il proprio sostegno alla linea di politica estera stabilita da Giorgia Meloni e da Antonio Tajani, che hanno sempre ribadito la necessità di sostenere l’Ucraina, anche attraverso l’invio di armi.
Sull’ultimo pacchetto di aiuti a Kiev da approvare entro fine dicembre, comunque, resta incertezza: considerando che gli sviluppi delle trattative tra Ucraina, Russia e Stati Uniti, con la partecipazione degli europei, potrebbero portare a un cessate il fuoco prima della fine dell’anno.
Dal 2014, con le celebri foto di Salvini in Piazza Rossa a Mosca mentre indossava una maglietta con il volto di Putin, le affermazioni pubbliche del leader della Lega hanno contribuito a creare l’immagine di un orientamento politico che, se non filoputiniano, appare almeno fortemente propenso a costruire un asse con la Russia e a difenderne le ragioni nel contesto del conflitto con Kiev.
Solo due settimane fa, il leader della Lega ha espresso pubblicamente l’auspicio che presto si possano “riaprire i commerci e il dialogo con un Paese con cui non siamo in guerra”, la Russia appunto, un Paese con cui “riaprire i ponti”, magari prima di altri. Una posizione legittima, ma che sembra poco considerare le tensioni degli ultimi quasi quattro anni, dall’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022, con il conseguente stravolgimento degli equilibri geopolitici internazionali.