Un bambino nato con una malattia rarissima, la sindrome di Lenz-Majewski, e il desiderio di due genitori di non sentirsi più soli e conoscere altre storie come quella del loro bambino al di fuori dei confini italiani.
È nata così l'Associazione Simone il Leone APS, fondata a ottobre 2020 a Grugliasco, in provincia di Torino. Con il tempo, però, è cresciuta, diventando un punto di riferimento per altri bambini con disabilità grave, che condividono la necessità di affrontare terapie spesso a carico delle famiglie.
Lorena, mamma di Simone, racconta a TAG24 un'avventura lunga dieci anni: prima con la pagina Facebook e poi con l'associazione, grazie alle quali è entrata in contatto con altre famiglie sparse nel mondo, unite dalla stessa diagnosi.
La sindrome Lenz-Majewski colpisce un bambino su 100 milioni: Simone è uno di loro. Questa malattia rarissima provoca nanismo, sclerosi ossea progressiva, disabilità intellettiva, pelle estremamente sottile, vene ben visibili, a volte idrocefalo pronunciato.
Ma ogni bambino ha caratteristiche diverse, come Lorena ha scoperto conoscendo altri genitori tramite la pagina Facebook aperta nel 2015, che oggi conta oltre 22mila follower (e che lei chiede di diffondere, per raggiungere altri genitori!)
Grazie ai social, è riuscita a scovare altri bambini e ragazzi con questa sindrome in Europa e negli Stati Uniti: circa 20 casi.
Lo step successivo è stato fondare l'associazione, con lo stesso nome della pagina, Simone Il Leone.
si legge sul sito. E infatti l'associazione, oggi, provvede al pagamento delle terapie private non solo di Simone, ma anche di altre bambine del territorio di Torino, promuovendo diverse iniziative, come eventi o la realizzazione di bomboniere solidali.
"A Natale distribuiamo sempre tantissimi panettoni: quest'anno siamo arrivati a più di 550. Qualche anno fa ne abbiamo venduti 700" racconta Lorena.
Spesso le famiglie di bambini con disabilità sperimentano la solitudine: i genitori sono anche i caregiver dei propri figli e tutto il resto, a volte anche le relazioni sociali, passano inevitabilmente in secondo piano.
"Il senso di solitudine è un'altra di quelle emozioni molto forti che capitano, che vivi, come il senso di colpa, la paura, l'ansia" racconta mamma Lorena.
"Però la si può combattere non chiudendosi in se stessi. È normale che qualcuno si sia allontanato. L'arrivo di una diagnosi di questo tipo è devastante per la famiglia che la riceve, ma in parte anche per le persone che le stanno intorno. Magari anche loro hanno paura, perché la disabilità colpisce nel profondo. Però noi ci adattiamo. Per esempio, non possiamo festeggiare il Capodanno in un locale con Simone? Allora organizziamo una cena a casa, insieme a chi ha davvero voglia di passare questa festa con noi" spiega.
"La disabilità di nostro figlio ha creato un po' di scompiglio in famiglia: ma noi ci circondiamo di persone che abbiano voglia di stare insieme a noi, oltre Simone e con Simone".
Simone ha un fratello minore, Mattia, che ha 10 anni: è un 'sibling', come vengono definiti i fratelli e le sorelle delle persone con disabilità.
Le emozioni dei sibling sono spesso forti, contraddittorie, complesse. Possono amare a dismisura i propri fratelli, ma allo stesso tempo provare gelosia per le attenzioni che ricevono, o soffrire per una situazione non semplice, da un punto di vista familiare ed emotivo.
"Ci ritagliamo dei momenti solo noi tre, altre volte momenti in quattro come famiglia, così come dei momenti di coppia, io e mio marito. Per noi è fondamentale" spiega Lorena.
"'Vorrei che Simone fosse diverso', mi dice Mattia qualche volta. Non possono giocare insieme e questo gli pesa. Però guai a chi glielo tocca!"
Un figlio disabile dà e toglie. Lorena lo sa bene: ha raccontato di come Simone le abbia insegnato la fragilità e a vivere il presente (ecco la loro storia). Ma ogni tanto non mancano i momenti di sconforto.
"Quando mi dicono che è un dono, io rispondo che ne avrei fatto a meno, sono sincera. Normalmente certi pensieri non si possono esprimere, perché in molti sono pronti a giudicare. Eppure sappiamo solo noi la vita che facciamo" afferma.
"Sono certa che qualsiasi genitore che abbia un figlio con una grave disabilità ne avrebbe fatto a meno. Poi però c'è, te lo vivi, lo ami infinitamente e forse non lo cambieresti per nulla al mondo. Io non sarei la persona che sono oggi, se Simone fosse stato diverso".