"Quando ero incinta, pochi giorni prima di partorire, ho sognato Simone che mi chiedeva: 'Mamma, aiutami'. Solo nel momento in cui è nato abbiamo scoperto che qualcosa non andava".
Lorena aveva avuto una gravidanza tranquilla, senza alcun problema: eppure quel sogno si sarebbe rivelato premonitore. Simone è nato con la sindrome Lenz-Majewski, una malattia genetica rarissima di cui, al momento, lei è riuscita a rintracciare altri 11 casi nel mondo. Sono circa 20 includendo quelli descritti in letteratura: alcuni di questi bimbi non ci sono più.
Suo figlio ha compiuto 12 anni il 1° dicembre 2025: è non verbale, presenta un ritardo cognitivo e un idrocefalo accentuato, è affetto da nanismo, ha una pelle estremamente sottile e fragile. Può provocarsi lividi e ferite con estrema facilità.
Proprio come la stessa Lorena aveva visto nel suo sogno, è nato con una falange in meno nelle dita. Eppure, sottolinea, ha una forza incredibile: si fa capire e sta imparando a utilizzare la comunicazione aumentativa alternativa.
Cammina se aiutato, si alza da solo, si alimenta con cibo frullato, ma senza PEG: "Non è un bambino ospedalizzato: siamo fortunati", sottolinea la mamma a TAG24.
Lorena racconta la storia di suo figlio con ironia. "Tutte le disabilità a cui puoi pensare, lui le ha!", scherza. Simone è arrivato come uno tsunami nelle loro vite, stravolgendole, riempiendole di difficoltà di pari passo con l'amore.
Quando è nato all'ospedale di Rivoli, nel Torinese, per i medici "fu una doccia fredda" spiega. Il reparto non era attrezzato: "Simone è nato morendo, come dico spesso. Era in arresto cardio-respiratorio ed è stato rianimato. La sua sopravvivenza era un'incognita per tutti: ma io ero sicura che ce l'avrebbe fatta".
I bambini con questa sindrome sono pochissimi nel mondo: colpisce un neonato su 100 milioni. Eppure ognuno di loro ha caratteristiche diverse dall'altro.
"La letteratura parla di nove casi, io ne ho trovati altri undici, persone vive e decedute, tra Stati Uniti, Turchia, Germania. I tratti comuni sono il nanismo, le anomalie scheletriche progressive, disabilità intellettive, anomalie delle dita, vene evidenti".
Non esiste una cura per la sindrome di Simone: ci sono solo le terapie per far fronte ai sintomi. Lui, nonostante le difficoltà, ha fatto molti progressi negli anni, tanto da essere soprannominato "Simone il leone" dalla sua famiglia.
Frequenta la scuola, ha molti amici, è circondato da persone che gli vogliono bene, tra cui il suo fratellino minore Mattia. A differenza di altri bambini e ragazzi con sindromi genetiche rare o disabilità, non deve affrontare lunghi periodi di ricovero in ospedale.
Ma nonostante i lati positivi, ci sono anche quelli di cui si fatica maggiormente a parlare.
"Certo, è un mondo faticoso" sottolinea Lorena. "Io e mio marito Francesco non dormiamo molto, perché Simone ha il naso chiuso, respira con la bocca e la lingua gli ostruisce le vie aeree. Abbiamo fatto alcuni ricoveri programmati per evitare di usare la NIV (la ventilazione meccanica non invasiva, ndr) ma alla fine le apnee di Simone sono talmente forti da invalidare l'uso del dispositivo" spiega.
"Quando ha queste apnee, il suo cuore va in affanno, non arriva abbastanza ossigeno al cervello e quindi si creano tutta una serie di problematiche che al momento riesce a gestire da solo, senza alcun aiuto. Continueremo così fino a quando il corpo di Simone ce la farà: è questa la verità" sottolinea.
L'aspettativa di vita per i pazienti con questa sindrome, afferma Lorena in un filo di voce, è di circa vent'anni.
Qual è l'insegnamento più grande che Simone ha trasmesso alla sua mamma? Lorena non ha dubbi. "Mi ha insegnato a essere fragile e mi commuovo mentre lo dico" risponde.
"I figli ti fanno da specchio. E Simone mi ha fatto vedere la mia fragilità. Grazie a lui, scorgo le mie debolezze e imparo ad accettarle".
Ma non solo. I genitori di Simone hanno imparato a vivere il presente, tralasciando le preoccupazioni per un futuro che ancora non c'è.
"Queste situazioni così forti, così complesse, ti insegnano un po' a stare 'nel qui e ora', a viverti e goderti il momento presente, senza pensare veramente troppo al domani. Viviamo di giorno in giorno, 'un giorno alla volta' come dico sempre: è diventato il mio motto".