07 Dec, 2025 - 11:30

Armi all'Ucraina, i tre "no" di Salvini che mettono in crisi la linea di Meloni 

Armi all'Ucraina, i tre "no" di Salvini che mettono in crisi la linea di Meloni 

Il conflitto russo-ucraino continua a essere la crepa più evidente nella sempre meno granitica immagine pubblica del governo Meloni. 

Alla vigilia di alcuni importantissimi appuntamenti in Parlamento, il centrodestra italiano continua a parlarsi e non capirsi sull'appoggio al governo di Kiev.

In particolare la Lega continua a non sentirci bene da quell'orecchio, tanto che nelle ultime ore è andato in scena l'ennesimo botta e risposta tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini. 

La premier ha ribadito la fedeltà alla linea sostenuta fino a oggi imperniata sul sostegno chiaro all'Ucraina, il leader della Lega ha messo in fila i suoi no.

Tre 'niet' che pesano come macigni sulla linea della maggioranza e che hanno già sortito qualche risultato con il congelamento del decreto per il rinnovo dell'invio degli aiuti militari a Kiev. 

L'Ucraina è un caso di governo: presto la resa dei conti in Parlamento 

Da qui alla fine dell'anno il governo e il Parlamento saranno chiamati ad approvare due importanti provvedimenti che riguardano da vicino la guerra in Ucraina.

Il primo impegno è fissato per il 16 e 17 dicembre, quando Camera e Senato dovranno votare una risoluzione di maggioranza in vista del Consiglio europeo. 

Il capogruppo della Lega, Massimiliano Romeo, ha avvertito gli alleati di Fratelli d'Italia e Forza Italia che il suo partito intende far valere le sue ragioni. 

Il secondo appuntamento sarà in Consiglio dei Ministri per l'approvazione – entro il 31 dicembre 2025 – del Decreto Ucraina, al momento congelato, per il rinnovo degli aiuti militari. Anche qui, il voto favorevole della Lega è tutt'altro che scontato. 

L'esito delle votazioni e la dialettica tra gli alleati saranno indicativi della posizione del governo in merito al sostegno a Kiev nell'immediato futuro. Un ulteriore rinvio del Decreto Ucraina aprirebbe un nuovo fronte di incertezza nella maggioranza, rendendo ancora più fragile l’equilibrio tra Palazzo Chigi e la Lega.

Sul piano internazionale, l’Italia rischierebbe di presentarsi in Europa con una posizione meno compatta proprio mentre Bruxelles sollecita chiarezza sugli impegni verso Kiev.

Uno slittamento prolungato potrebbe inoltre rallentare l’invio di aiuti militari e umanitari già programmati, con effetti sulla credibilità del Paese nei tavoli NATO e UE. 

La strategia di Meloni: perché non arretra sul sostegno a Kiev 

La domanda è lecita: la linea del governo sull'appoggio a Kiev rimane la stessa o è cambiata?

Le crescenti e continue critiche della Lega rappresentano una costante spina nel fianco per Giorgia Meloni che anche ieri ha confermato che la “linea del governo non cambia” e che il Decreto Ucraina non è sparito dall'agenda del governo, ma è solo stato rinviato ai prossimi Cdm.

La scadenza è il 31 dicembre 2025 e da Palazzo Chigi garantiscono che sarà approvato entro quella data perché, come ha sottolineato ieri la premier “quello che accade in Ucraina ci riguarda”.

Meloni ha ribadito che la pace si costruisce con la deterrenza e che non mandare aiuti oggi, potrebbe compromettere la sicurezza italiana.

In sostanza il governo italiano continuerà a sostenere il governo di Kiev con mezzi militari e aiuti umanitari: come e in che misura, tuttavia, sarà la dialettica tra alleati a stabilire. 

I tre “no” di Salvini che fanno tremare la maggioranza 

Il leader della Lega tuttavia non sembra essere dello stesso avviso e questa volta ha deciso di ribadire con fermezza la sua contrarietà a continuare a sostenere il governo di Kiev.

Matteo Salvini porta al tavolo tre opposizioni nette che pesano come macigni sulla coalizione di governo.

Il primo “no” riguarda il nuovo Decreto Ucraina, che la Lega vuole fermare finché non sarà chiaro l’esito dei negoziati tra Stati Uniti e Russia.

Il secondo è contro lo sblocco degli asset russi congelati, che l’UE vorrebbe destinare al finanziamento del sostegno a Kiev.

Il terzo “no” si manifesta sulla risoluzione di maggioranza per il Consiglio europeo, su cui il Carroccio minaccia di non allinearsi. Tre punti che rischiano di aprire una frattura profonda nel centrodestra proprio alla vigilia di votazioni cruciali. 

 

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