Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, è atterrato il 2 febbraio a Washington per tenere colloqui con il presidente statunitense, Donald Trump. All’ordine del giorno c’è la seconda fase dell’accordo di cessate il fuoco a Gaza.
Israele e Hamas hanno ufficialmente siglato, il 16 gennaio, l’accordo di cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi. L’intesa è entrata in vigore tre giorni dopo ponendo fine ai combattimenti dopo 15 mesi di guerra.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu si è recato negli Stati Uniti per incontrare il presidente Donald Trump e altri membri della nuova amministrazione, tra cui Steve Witkoff, inviato presidenziale per il Medio Oriente. L'incontro tra Netanyahu e Trump è previsto per il 4 febbraio, seguito da colloqui con i vertici militari statunitensi.
Netanyahu sarà il primo leader straniero a essere ricevuto alla Casa Bianca per una visita ufficiale dopo l'insediamento di Trump per il suo secondo mandato.
Il fulcro dei colloqui sarà l'accordo di cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e il futuro assetto del Medio Oriente. Prima della sua partenza, Netanyahu ha dichiarato che tra i temi in agenda vi sarà anche la "gestione dell'asse terroristico iraniano".
I’m leaving for a very important meeting with @realDonaldTrump in Washington.
— Benjamin Netanyahu - בנימין נתניהו (@netanyahu) February 2, 2025
The fact that this would be President Trump’s first meeting with a foreign leader since his inauguration is telling.
I think it’s a testimony to the strength of the Israeli-American alliance. It’s… pic.twitter.com/wWYrC7mYrF
Nel 2024, la comunità internazionale ha assistito a diversi tentativi di mediazione da parte di Stati Uniti, Egitto e Qatar per raggiungere un accordo tra le parti. La tregua era anche uno degli ultimi obiettivi dell’amministrazione di Joe Biden. Insieme alla squadra di Donald Trump, i leader statunitensi hanno contribuito al raggiungimento di un'intesa dopo oltre un anno di conflitto.
L’accordo di tregua si articola in tre fasi distinte. La prima prevede una sospensione totale delle ostilità per 42 giorni, la liberazione di 33 ostaggi israeliani e di circa 2mila di detenuti palestinesi. Durante questa fase iniziale saranno discussi anche i dettagli della successiva.
Nonostante alcune preoccupazioni sulla continuità degli sforzi per l'attuazione dell'accordo e alcuni ritardi tecnici, diversi scambi di ostaggi sono già avvenuti. Inoltre, è stato riaperto il valico di Rafah tra l'Egitto e la Striscia di Gaza per consentire il flusso di aiuti umanitari e il trasferimento dei feriti. La fase successiva dell'accordo prevede il ritiro completo delle forze israeliane dall'enclave e dal Corridoio di Filadelfia.
Sono attesi i colloqui tra Israele, Hamas e altri paesi mediatori per fissare i dettagli della prossima fase della tregua. Si prevede che Witkoff proseguirà i negoziati insieme ai mediatori di Egitto e Qatar.
Mentre le parti continuano a soddisfare i termini del fragile accordo raggiunto, le pressioni all’interno del governo Netanyahu aumentano i timori sul futuro dell’intesa.
Il primo ministro israeliano ha più volte ribadito l'obiettivo di sconfiggere completamente Hamas e di garantire il ritorno a casa di tutti gli ostaggi detenuti dal gruppo. Netanyahu è sotto pressione anche da parte degli alleati ultraconservatori, che non sono favorevoli a un'intesa con Hamas, ma piuttosto sostengono di continuare la guerra. Gli esponenti dell'estrema destra chiedono al premier di abbandonare l'accordo dopo la prima fase per proseguire il conflitto.
Le forze armate israeliane hanno inflitto notevoli danni a Hamas a Gaza e a Hezbollah in Libano, e hanno visto lo smantellamento del collegamento tra l'Iran e i suoi alleati regionali con la caduta del regime di Bashar al-Assad in Siria. Netanyahu potrebbe mirare a mantenere la propria posizione regionale contro Teheran. Haaretz ha riportato, in un articolo del 3 febbraio, che, secondo un membro dell'entourage di Netanyahu, Israele non è disposta a ritirarsi da Gaza finché Hamas rimarrà al potere.
Anche se Trump ha affermato più volte la propria intenzione di non sostenere le guerre altrui, l'incontro tra i due leader arriva in un momento cruciale. Solo pochi giorni dopo, il presidente statunitense ha suggerito un piano per “svuotare Gaza” trasferendo i palestinesi in Egitto e Giordania.