La rivoluzione liberale promessa da Silvio Berlusconi non c’è mai stata. L’aveva annunciata e sicuramente desiderata alla maniera in cui gli imprenditori progettano il conseguimento dei propri obiettivi. Nella politica, non hai mai la libertà di scelta e decisionale che puoi avere alla guida di un’azienda. Qui probabilmente risiedeva l’illusione berlusconiana sul vento liberale che con il Cavaliere avrebbe attraversato l’Italia
La rivoluzione mancata di Berlusconi
Gaetano Quagliariello, ex senatore del PDL e presidente della Fondazione Magna carta, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta” su Radio Cusano Campus. Docente universitario, si convinse, da liberale, che ci fosse ancora spazio per la cultura liberale. Di certo Berlusconi sdoganò la parola, nessuno si professava tale prima del 1994 e infatti Quagliariello ricorda che “nel 94 ritenni che si creava uno spazio per la cultura liberale, grazie alla dirompenza con la quale Berlusconi sconvolse gli equilibri politici. Da lì feci un passaggio come consigliere culturale del presidente Pera, poi accettai una candidatura, ho fatto quattro legislature. Sono rimasto nello stesso partito di Berlusconi finché c’è stato il PDL”. Ma il sogno svanì presto, perche lo stesso Quagliariello spiega che Berlusconi fu vittima in un certo senso di se stesso:“La rivoluzione liberale nonn c’è stata. Berlusconi ha incarnato l’ottimismo di quei decenni in cui sembrava che il liberalismo e la libertà interpretassero le sorti progressive della storia. Dobbiamo ricordarci che in quel periodo Berlusconi conquistò e consolidò la sua attività di imprenditore nell’ambito delle televisioni. Furono gli anni in cui prese il Milan e furono anche gli anni in cui scese in campo in politica. Quello è stato il liberalismo incarnato da Berlusconi. Ha aperto grandi spazi culturali, che poi sono stati occupati o meno. I liberali accademici prima e dopo Berlusconi si trovavano in una situazione differenti, prima erano quasi delle mosche bianche. Dopo Berlusconi invece, tutti quanti si dicevano liberali.
Il sogno liberale svanisce con le Torri gemelle
Berlusconi voleva quindi riprendere in mano quell’ottimismo, titpico della cultura anni 80, dove era nato e cresciuto dal punto di vista imprenditoriale, voleva quindi ricostruire la Milano da bere ed esporatre quel modello all’Italia. In diretta radio il Presidente della Fondazione magna Carta spiega però che all’improvviso uno sconvolgente fatto storico fece svanire quel sogno : “quell’ottimismo che aveva dominato la fase precedente finì, in particolare dopo l’11 settembre 2001. Il sogno di un progresso che scorreva in linea retta si trasformò in un incubo. La rivoluzione liberale è una cosa che lui aveva coniato nella prima fase e che poi si portò nella seconda. Io credo che Berlusconi non sia stato l’uomo del XXI secolo, lì ha resistito, ma quella non era più la sua stagione”.
La scelta politica solipsistica
Ad un certo punto della sua storia politico il Presidente prende una strada, quella che non ha più una visone ampia ma ridotta a compiacere politicamente se stesso. La definisce bene l’ex Ministro Quagliariello: “I limiti più grandi del Berlusconi politico sono stati due. A un certo punto lui doveva scegliere tra dare forza ad una comunità politica o concepire la sua storia come una vicenda eroica personale, lui scelse questa seconda strada, questo è il motivo per il quale il PDL finì e lui si ritirò in uno spazio privato come Forza Italia. Poi, lui è stato un innovatore della politica, ma non ha mai voluto consolidare questa modernità. Nel momento in cui avrebbe potuto diventare regola condivisa, essere ricordato come il fondatore di una seconda Repubblica, ha sempre preferito far saltare il tavolo, è successo con D’Alema, con Letta, con Renzi”. Lo spazio al centro si apre e si chiude a seconda delle fasi storiche. La morte di Berlusconi in realtà non è un vuoto al centro ma a destra già colmato da Meloni e Salvini. Berlusconi ha traghettato in questa direzione l’elettorato. La rivoluzione liberale passa per altre strade ormai.