“Il termine deserto sanitario spiega bene la situazione in cui versano alcune aree dell’Italia a causa della carenza di alcune figure professionali: dai medici di base, ai pediatra di libera scelta ai professionisti. Sono zone in cui mancano strutture, dove è difficile anche l’invio di mezzi di soccorso; ma sbaglia chi pensa che queste aree insistono nelle regioni in cui storicamente la sanità non è efficiente. Infatti – spiega a “Società Anno Zero” Valeria Fava di Cittadinanzattiva – nelle stesse regioni possono coesistere punte di eccellenza e deserti sanitari come in Piemonte, nella provincia di Asti, o Friuli Venezia Giulia, il Veneto, alla Lombardia.” Il problema è che questa carenza tocca una popolazione tutt’altro che esigua, oltre 13milioni di cittadini che vivono, quasi un quarto della popolazione.
I numeri. Una prima mappatura civica del fenomeno dei “deserti sanitari”, abbinata ad un’analisi puntuale delle azioni previste sul territorio nell’ambito della missione 6 del PNRR, è stata realizzata in Italia da Cittadinanzattiva. I numeri parlano chiaro: le aree interne, nonostante risultino caratterizzate e provate dalla carenza di molteplici servizi, soprattutto negli ambiti della scuola, della sanità e della mobilità, nonché dall’indebolimento demografico, costituiscono una parte peculiare e viva del nostro Paese: rappresentano circa il 53% dei Comuni italiani (4.261), ospitano il 23% della popolazione italiana, pari a oltre 13,54 milioni di abitanti, e occupano una porzione del territorio che supera il 60% della superficie nazionale. Per questo l’associazione chiede a gran voce la previsione di Case ed ospedali di comunità anche nelle aree interne del Paese che possano supplire a quella carenza non più sostenibile.