La Dott.ssa Raffaella Saso, vice direttrice di Eurispes, interviene a Un Giorno da Ascoltare per parlare dell’indagine sulle morti avvenute a seguito dei selfie: inseguire a tutti i costi la propria voglia di ostentare una qualsiasi situazione, anche la più estrema, condividere la foto per qualche like in più e arrivare molte volte addirittura alla morte.

Killfie

“Questi selfie estremi portano molto spesso alla morte. Per stilare questa indagine abbiamo preso in considerazione un campionato internazionale secondo il quale, in sei anni, ci sono state 259 vittime a seguito di questi selfie mortali, fatti in situazioni di pericolo in cui poi si perde il controllo della situazione; nella maggior parte dei casi si tratta infatti di incidenti: ci si sporge da un treno, si fanno nei mezzi di trasporto oppure si va a velocità forsennate in automobile e poi ci si schianta come l’ultimo caso accaduto ai due ragazzi italiano che hanno perso la vita dopo aver immortalato in una diretta di facebook l’alta velocità con la quale stavano percorrendo l’autostrada, sfiorando i 220 km/h. In molti altri casi ci sono state persone rimaste annegate o cadute dall’alto dopo aver raggiunto una vetta elevata per cattura l’immagine di un panorama mozzafiato.”

Selfie-mania

“Si è creata un po’ in tutti i campi questa costante ricerca dell’autoscatto perfetto, accattivante, acchiappa like. Negli ultimi tempi ad esempio, vediamo come sembra che chi viaggia lo faccia solo per scattare quante più foto possibili senza preoccuparsi del viaggio in sè. A volte assistiamo anche ad autoscatti nei luoghi delle tragedie e ci lascia basiti il fatto che siano fatti soprattutto da persone che si trovano in una fascia di età che va dai 20 ai 30 anni ma anche di più. Un’altra nuova moda è quella di fotografarsi durante una rapina o qualche altro reato, una tendenza poco morale, che può aiutare le Forze dell’Ordine a capire di più ma che è anche una moda abbastanza perversa legata al riprendersi e alla condivisione pubblica.”