Il cinema in Cina decide di entrare in una nuova fase. Un forte taglio ai film importati da Hollywood e più pellicole patriottiche: Pechino vuole racconti e narrazioni che siano migliori di quelle occidentali e che magnifichino i sogni di grandezza cinese.

La Cina taglia i ponti con Hollywood, ecco i motivi

I rapporti fra Cina e Stati Uniti nel cinema sono sempre stati altalenanti. Se il primo paese ha anche partecipazioni in alcune aziende cinematografiche statunitensi (Wang Jianlin, il miliardario cinese che ha comperato per 2,6 miliardi di dollari la Amc nel 2016), gli Stati Uniti trovano sempre più difficoltà nel piazzare i loro film in terra cinese. Black Panther: Wakanda Forever e Ant-Man and the Wasp: Quantumania, ad esempio, in Cina sono usciti sì nel 2023, ma molto tempo dopo che nel mercato europeo ed americano: era dal 2019 che nei cinema cinesi non si vedevano film di supereroi americani.

Il motivo sta nella sempre più forte competizione, che coinvolge in parte anche il cinema, fra i due sistemi economici e politici cinese e statunitense. La Cina trovava irritante che in alcuni film loro fossero gli antagonisti e in alcuni casi Hollywood ha modificato lo script dei film per accontentare un mercato che, specie nel 2021, rappresentava l’unica valvola di sfogo per prodotti che in Europa o nelle Americane non potevano passare al cinema, causa restizioni per il Covid-19.

Negli anni della guerra fredda, poi, la differenza fra un regime comunista e uno capitalista erano tali che fra il 1949 ed il 1979 nelle sale cinesi uscì un solo film americano. La salvaguardia del mercato interno ha portato la Cina, dal 1994 fino ad oggi, ad introdurre un limite di 10 film all’anno stranieri e Hollywood aveva comunque trovato un altro mercato potenzialmente ricco, sia per fondi sia per numero di spettatori.

Da qui nacquero progetti di film e produzioni in Cina, Hong Kong e Taiwan, con anche la costruzione di grandi studi cinematografici come l’Oriental Movie Metropolis a Qingdao.

La Nuova Fantascienza cinese risponde ai blockbuster di Hollywood

Una relazione di amore-odio, quindi, che oggi sembra arrivare ad un definitivo punto di rottura. Dal 2018 l’Ufficio Cinema, che in Cina si occupa appunto della settima arte, è passato sotto il controllo del Dipartimento Propaganda del Partito comunista cinese: è preciso compito della politica di Pechino fornire gli strumenti per creare film patriottici, come nel caso de “La Battaglia del Lago Changjin“, che racconta di una battaglia durante la Guerra coreana.

In soli 4 giorni divenne il 10° film più visto nel mondo, ma se questa pellicola fa appello ai sentimenti storici di difesa della patria, è con la fantascienza che la Cina vuole battersi e vincere contro Hollywood. Un’opera come “Il problema dei tre corpi” di Liu Cixin (tratto dal suo romanzo) sarà distribuita da Netflix a partire dal 2024, mentre il film “Journey to the West” di Kong Dashan del 2023 ha ricevuto complimenti di critica e pubblico in rassegne prestigiose come il Festival internazionale del cinema di Rotterdam e il Festival del cinema asiatico di Osaka.

La fantascienza permette di parlare del presente con gli occhi del futuro, perché proietta le aspirazioni di un soggetto politico in avanti, specie quelle legate a come si vorrebbe essere visti dagli altri. Per togliersi di dosso la patina di paese dalle tradizioni millenarie ma perlopiù “curiose”, la Cina investe nella scienza per esercitare soft power sugli altri paesi.

Lo spazio rappresenta un campo in cui dimostrare la propria inventiva e le proprie capacità tecnologiche. Vedere un astronauta o un fiso quantistico cinesi salvare il mondo potrebbe non essere così “strano” nel prossimo futuro: la missione dichiarata è sviluppare “un sistema teorico fantascientifico con caratteristiche cinesi“.

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