L’immagine di Ambra Sabatini, Martina Caironi e Monica Contrafatto in posa alla “Charlie’s Angels” è già una pietra miliare. Da Tokyo, sede dell’ultima Paralimpiade, a Parigi, teatro dei recenti Mondiali di atletica che in casa Italia hanno portato 5 ori, 3 argenti e 4 bronzi. L’immagine di Ambra, Martina e Monica, soprattutto, è una copertina per gigantesche conquiste sociali. Insomma, dalla chiacchierata che segue con il presidente del Comitato italiano paralimpico, Luca Pancalli, lo sport diventa quasi un pretesto.

Intervista al presidente del Cip, Luca Pancalli: “Ecco come vince il mondo paralimpico”.

“Pretesto? Preferisco strumento”, risponde il 59enne dirigente romano.

Effettivamente suona tanto meglio. Come suona, invece, il recente giuramento degli atleti paralimpici delle Fiamme Oro?

“Ho parlato di un messaggio importante per il Paese, rimarcando l’importanza di quel messaggio. Quando, nella costruzione della politica sportiva che portasse alla formazione del Cip, immaginavo un obiettivo simile, ero consapevole che, da un lato, la cosa sarebbe servita per corrispondere uguale dignità agli sportivi paralimpici; ma che dall’altro lato fornisse un fortissimo segnale”.

Ossia?

“Essere arrivati, come hanno fatto le Fiamme Oro, a garantire l’arruolamento di agenti e tecnici appartenenti al nostro mondo significa che qualcuno ha guardato all’abilità prima che alla disabilità di quelle persone. Pensate se tutto ciò avvenisse in tutte le altre categorie: come minimo avremmo più persone integrate che assistite”.

Appunto: lo sport come strumento.

“Sì, perché, al di là della sua declinazione agonistica, offre questa contaminazione con la società. Aderendo ai principi cardine dello sport paralimpico, cerchiamo in sostanza di consegnare un mondo migliore per tutti”.

Sul piano sportivo e mediatico, invece, c’è da mettere in archivio un bel Mondiale di atletica.

“Sono molto contento perché è la dimostrazione che, quando hai una visione e hai chiaro il percorso, metti le federazioni in condizione di operare su una linea condivisa. In questo caso i risultati vengono da una federazione (la Fispes, Federazione Italiana Sport Paralimpici e Sperimentali; ndr) molto brava nel mettere a disposizione competenze e sacrifici. Senza dimenticare la capacità di intercettare atleti e atlete. Anche qui c’è grande contaminazione”.

Un esempio?

“Più che un esempio: quando vedi la foto di Ambra, Martina e Monica, tre ragazze con un arto amputato, in prima pagina sul ‘Corriere della Sera’, il primo quotidiano italiano, qualcosa di importante è successo”.

“La storia dei risultati va a braccetto con quelle degli atleti e delle atlete”.

Ma poi c’è sempre quella cosa per cui è praticamente impossibile non provare simpatia per questi ragazzi. Al di là della loro storia.

“Perché sono splendidi ambasciatori delle loro storie. Una Ambra che, rimasta amputata giovanissima, non ha perso tempo a piangersi addosso ma è tornata subito all’amato sport. O una Monica, che da un letto di ospedale guarda in tv Martina correre e allora si mette in testa di imitarla. Sono storie di ‘resilienza’, citando un termine a cui ci siamo abituati. Storie che ti portano a ridimensionare i problemi di tutti i giorni”.

“Motivazionali”, come si dice oggi?

“Ispirazionali”.

“Il grande appuntamento di Parigi, ma la battaglia per il diritto allo sport prosegue”.

Mancano tredici mesi alle Paralimpiadi di Parigi. Come si avvicina l’Italia a questo appuntamento?

“Se l’atletica continuerà sulla strada che abbiamo visto, se il nuoto farà un altro importante exploit ai prossimi Mondiali di Manchester e se, per esempio, il tiro con l’arco manterrà le premesse dopo aver conquistato 10 qualificazioni ai Giochi, non partiremo male. Questi e altri risultati ci permettono di guardare con ottimismo a Parigi”.

Però…?

“Sappiamo comunque perfettamente che, dopo il successo di Tokyo, sarà tutto molto più complesso. Le attenzioni sono cresciute, ma con esse anche le aspettative. Rappresentiamo uno dei comitati più forti al mondo e abbiamo annientato le differenze con l’Italia olimpica. Questo grazie anche al fatto che molti tecnici si siano avvicinati a entrambi i mondi”.

E dopo Parigi?

“Continueremo a garantire il diritto allo sport. Pensiamo ai campus per i più piccoli o al lavoro con l’Inail. Non tutte le persone che raggiungiamo andranno alle Paralimpiadi, ma c’è un altro obiettivo. Ossia accrescere nelle famiglie la consapevolezza che esiste il diritto allo sport e che questo debba essere preteso”.

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