Ha deciso di non ricorrere in Cassazione contro la sentenza di condanna a 30 anni, Alessandro Leon Asoli, il 21enne di Casalecchio di Reno (Bologna) accusato di aver ucciso il patrigno e tentato di uccidere la madre con delle pennette al salmone avvelenate. Secondo il legale che lo difende, l’avvocato Davide Bicocchi, si tratta di “una prova di consapevolezza e maturità”. Non è dello stesso avviso Monica Marchioni, sopravvissuta all’agguato del figlio per miracolo.

Avvelenò i genitori con le penne al salmone, Alessandro Leon Asoli non farà ricorso in Cassazione

Il percorso di resipiscenza del mio assistito ha certamente inciso su questa decisione di non presentare ricorso. Se anche avessimo scelto di affrontare un secondo grado di giudizio, la motivazione dell’eventuale ricorso avrebbe potuto condurre ad una richiesta di rideterminazione della pena,

ha dichiarato Davide Bicocchi, avvocato difensore di Alessandro Leon Asoli, condannato a 30 anni di carcere per aver ucciso, avvelenandolo, il patrigno Loreno Grimandi, 56 anni, e aver tentato di uccidere la madre Monica Marchioni, sopravvissuta. I fatti risalgono al 15 aprile 2021. Secondo la ricostruzione dell’accusa, il giovane si sarebbe offerto di preparare la cena per i genitori, aggiungendo ad un piatto di penne al salmone del nitrito di sodio.

L’uomo si era sentito male subito dopo cena, morendo. Marchioni, che aveva mangiato meno pasta, era invece riuscita a salvarsi. A quel punto il figlio avrebbe provato a farle bere dell’acqua incontaminata e poi a strangolarla. Aveva confessato nel corso del processo d’Appello dopo essersi sempre dichiarato innocente. E adesso ha annunciato di non voler fare ricorso in Cassazione.

Ritengo che egli abbia dato prova di una grande consapevolezza e marutità, indicatori del viatico che lo sta portando ad affrontare, dolorosamente, quel percorso auspicato anche in sentenza.

ha aggiunto il suo legale, proponendo di avviare anche un “percorso di riavvicinamento” tra lui e la madre.

La reazione della madre

Marchioni aveva già fatto sapere, in seguito alla confessione del figlio, che difficilmente sarebbe riuscita a perdonarlo.

Da un lato sono contenta che abbiano deciso di evitare un’altra, dolorosa, perdita di tempo. Ma sul pentimento… non lo so. So che nell’ultima udienza del processo, Leon aveva detto ‘Voglio chiedere perdono a mia madre’. Ma in questi mesi non è successo nulla. Non ho ricevuto una lettera, neppure una cartolina. Non ho avuto segnali di questa spinta che sarebbe maturata in lui. Se poi c’è davvero, non sono certa di essere pronta a recepirla,

ha dichiarato al Resto del Carlino dopo aver saputo che, insieme al suo avvocato, il giovane ha deciso che non impugnerà la sentenza. Sostenendo di non essere pronta a fare dei passi verso di lui. Ancora non riesce a spiegarsi il perché di ciò che ha fatto, dice.

Più prendo consapevolezza, più sto male […]. Non manca un giorno che non ripensi alle sue mani che mi stringono la gola. A mio marito morto tra atroci dolori in soggiorno.

Se in questi anni è riuscita ad andare avanti, sopportando il dolore, è grazie all’aiuto di una forza superiore, sostiene. Qualcosa che si augura aiuti anche suo figlio, con la speranza che, almeno in carcere, possa riflettere sul delitto compiuto e pentirsi nel profondo. Sulla vicenda lei scriverà un libro: sarà un modo per raccontare il suo punto di vista sui fatti, ma anche una catarsi, un processo per provare a raggiungere – pian piano – la pace che il figlio le ha tolto e che, per ora, le sembra di aver perso per sempre.

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