Caryl Menghetti ha inferto al marito Diego Rota almeno venti coltellate tra il dorso, il torace e il collo: è quanto emerso dall’autopsia eseguita ieri, 30 gennaio, sul corpo del 55enne, trovato morto nell’abitazione che condivideva insieme alla moglie e alla figlia di cinque anni a Martinengo, in provincia di Bergamo.

Omicidio di Martinengo, i risultati dell’autopsia sul corpo di Diego Rota

I fatti risalgono alla sera del 26 gennaio scorso. Marito e moglie erano già in pigiama quando la donna, di 45, aveva impugnato un coltello da cucina, scagliandosi contro il marito mentre la figlia dormiva in un’altra stanza. Poi, ancora sporca di sangue, aveva contattato in videochiamata la sorella, che a sua volta aveva chiamato i carabinieri.

Quando erano arrivati nei pressi dell’abitazione di via Cascina Lombarda, a Martinengo, era stata lei ad aprirgli. Sul posto c’erano già i genitori e la sorella che, spaventati, si erano precipitati in casa loro per capire cosa stesse succedendo. Diego Rota, di 55 anni, giaceva senza vita ai piedi del letto della camera principale, in una pozza di sangue.

Sarebbe stato colpito tra dorso, torace e collo almeno venti volte e avrebbe provato invano a difendersi. La moglie era stata subito arrestata e ricoverata in Psichiatria: non era in sé e ancora adesso le sue condizioni sarebbero talmente precarie che il gip Riccardo Moreschi, pur avendone convalidato il fermo, ha deciso di non interrogarla.

I problemi psichiatrici di Caryl Menghetti

La mattina dell’omicidio la donna si era recata in ospedale a Treviglio – dove in passato era stata sottoposta a un Tso per i suoi comportamenti aggressivi – lamentando di avere le allucinazioni. Agli psichiatri che l’avevano visitata – rimandandola a casa con le indicazioni di una cura farmacologica da seguire – aveva preannunciato di voler fare del male al marito, non venendo però presa sul serio.

Sembra che si fosse convinta che l’uomo facesse parte di un’organizzazione che le avrebbe portato via sua figlia, che ora la Procura per i minori ha affidato temporaneamente ai nonni. Lei si trova, invece, al Papa Giovanni XXIII, una sorta di prolungamento della casa circondariale di via Gleno, dove finirà una volta che starà meglio.

A quel punto sarà anche ascoltata e potrà decidere di spiegare cosa le è passato per la testa. “Non sappiamo neanche noi cosa è successo”, hanno riferito ai giornalisti i genitori, che da un po’ si erano trasferiti nella taverna della villetta di Martinengo per aiutare la figlia e il genero con la bambina e con la casa.

Dopo aver lasciato il lavoro di estetista, cedendo la sua quota nel centro “Essenza” di Romano di Lombardia, aperto con un’amica, la 45enne aveva preso in gestione il chiosco “Dolcetto o scherzetto” del Parco Suardi, a Bergamo: da poco aveva saputo che la convenzione non sarebbe stata rinnovata.

Anche questo forse ha pesato sulla sua psiche, già provata. Bisognerà capire se al momento dei fatti fosse capace di intendere e di volere: in caso contrario non sarebbe imputabile.

Il caso di Giulia Lavatura

Il caso della 45enne aveva seguito di poco quello, simile, di Giulia Lavatura, la 41enne finita ai domiciliari nel reparto di Psichiatria dell’ospedale di Ravenna per essersi gettata dal nono piano insieme alla figlia di 6 anni e alla loro cagnolina, entrambe morte sul colpo.

Anche lei soffriva di problemi psichiatrici. Anche lei ce l’aveva con il marito Davide, nonché con il padre, perché percepiva ciò che la circondava in maniera diversa, sentendosi in pericolo: lo aveva scritto nero su bianco in un post pubblicato su Facebook prima della tragedia. Se fosse stata aiutata, come Caryl forse non avrebbe fatto ciò che ha fatto.