L’ex sostituto Procuratore della Repubblica di Palermo e ora avvocato Antonio Ingroia è critico nei confronti della Riforma della giustizia del ministro Carlo Nordio. Ed esprime il suo punto di vista a Gazzetta Ladra su Radio Cusano Campus al microfono di Fabio Camillacci & Lorenzo Capezzuoli Ranchi.

Ingroia: “Quella Nordio è una riforma sbagliata”

  • Avvocato Ingroia, da magistrato e avvocato, che idea si è fatto della riforma Nordio?

Che si voglia finalmente riformare la giustizia dovrebbe essere una buona notizia, ed è il compito di un ministro della giustizia quando la giustizia non funziona. Dall’altro però, da quello che che si intravede, è la riforma della giustizia sbagliata. Non è la riforma di cui la giustizia ha bisogno, a mio parere.

  • Come mai?

I problemi principali della giustizia sono due: uno è quello dei tempi della giustizia. Tempi eterni, intollerabili sia per la giustizia penale sia per quella civile. Hanno uguale diritto avere giustizia in tempi ragionevoli sia il cittadino imputato come il cittadino vittima dei reati. La seconda è quella di cercare di mettere in atto rimedi per rimediare agli errori giudiziari. Perché gli errori giudiziari ci sono. Ma non mi pare che nessuna delle riforme di Nordio guardi a questi problemi mentre invece, almeno per come anche preannunciato spesso a mezzo stampa (e poi con qualche retromarcia e qualche smentita) sono nel segno invece di una sorta di regolamento di conti con la magistratura, togliendo strumenti alla magistratura: dall’abuso d’ufficio al traffico d’influenze fino alle intercettazioni perfino al concorso esterno in associazione mafiosa (ma su questo poi il ministro ha nel frattempo fatto retromarcia). Insomma non mi pare che sia la strada giusta quella imboccata. Ed è un peccato visto che c’è anche un magistrato alla guida del ministero della Giustizia.

  • Dottore, cosa pensa invece del reato di abuso d’ufficio? L’Unione Europea ha chiesto all’Italia di “reintegrare” questo reato perché – secondo Bruxelles – “favorisce la corruzione”.

E questa volta sto dalla parte dell’Europa. Non c’è dubbio che che l’abuso d’ufficio è un’ipotesi di reato che, come dire, costituisce il primo passo verso la corruzione spesso per il pubblico ufficiale. Un abuso del suo ufficio lo fa per favorire qualcuno e per danneggiare qualcun altro. E spesso dietro all’abuso ufficio ci può essere la corruzione; non c’è dubbio, tra l’altro, che il reato di abuso d’ufficio – specialmente in passato poteva prestarsi a qualche «abuso dell’abuso» -, ovvero dell’applicazione del reato in modo un po’ inflazionato, magari a casi non lontani dal vero abuso ufficio. Ma ci sono state già delle riforme che hanno già limitato molto l’ambito di applicabilità dell’abuso d’ufficio e quindi abolirlo in toto mi sembrerebbe un gravissimo errore.

La separazione delle carriere per i magistrati? “Spinge il Pm a essere più poliziotto e meno giudice”

  • Dottor Ingroia, alcune volte si parla di PM “innamorati” delle loro tesi, e che quindi potrebbero trascurare indizi e prove che potrebbero mettere in discussione questa “infatuazione”. Cosa si può fare per limitare gli errori nei nostri tribunali?

Tantissime cose. Tutto il contrario di quello che ci sta facendo negli ultimi anni. Primo, svuotare di centralità l’indagine preliminare ed attribuire centralità ai processi. Come si fa questo? Innanzi tutto accorciando i tempi della giustizia, accorciando quindi i tempi dell’indagine preliminare e accorciando anche il tempo del dibattimento. Perché è chiaro che se invece le indagini preliminari durano due anni prima che inizi il processo e poi il processo a sua volta dura tre anni minimo per arrivare a sentenza definitiva dopo 8-10 anni è chiaro che il giudizio che si forma l’opinione pubblica avviene tutto nella parte delle indagini preliminari, e quindi i riflettori vengono accesi sul luogo che dovrebbe essere invece meno illuminato (ovvero quello delle indagini e non del processo). E non si è fatto nulla per accorciare i tempi del processo in questi anni. Invece si è incrementata l’immunità dei potenti attraverso la prescrizione: si sono accorciati i tempi della prescrizione e si sono allungati i tempi del processo. Seconda cosa bisogna lavorare molto sulla professionalità dei magistrati. E questo era uno dei punti fermi per Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Anche su un processo come dire di giurisdizionalizzazione del pubblico ministero. Che fosse insomma, con tutto il rispetto per la polizia, «un pm meno poliziotto e un pm più giudice». E quindi rispettoso delle garanzie, rispettoso della necessità di accertare la verità e non di convalidare le proprie tesi accusatorie, anche su questo si è fatto poco nulla. Si è accentuato sempre di più il ruolo del pubblico ministero come parte. E, inevitabilmente, il pubblico ministero come parte è indotto a coltivare una posizione «Partigiana».

  • La separazione delle carriere è una idea da perseguire?

La famosa separazione delle carriere porta dritto a una accentuazione del ruolo di parte del pubblico ministero sempre più, come dire, poliziotto innamorato delle sue tesi inquisitorie, e sempre meno giudice imparziale.