L’export cinese segna un tonfo a maggio ben oltre le attese, a fronte di un import che frena anche se a un ritmo più lento: tra la debole domanda estera e i consumi ancora insoddisfacenti sul fronte interno, Pechino è alle prese con una ripresa che arranca, lontana dallo slancio ipotizzato dopo la fine delle pesanti restrizioni di contenimento del Covid-19. Mentre l’interscambio con la Russia aggiorna i record mensili dall’aggressione di Mosca ai danni dell’Ucraina. Di riflesso anche il suplus commerciale complessivo delude e scende a 65,81 miliardi di dollari dai 78,40 miliardi di maggio 2022 (90,21 miliardi ad aprile) e dai 92 miliardi attesi dagli analisti, fermandosi ai minimi da febbraio. Così, in base ai dati diffusi dalle Dogane cinesi, le esportazioni della seconda economia mondiale si sono contratte annualmente del 7,5% (dal +8,5% di aprile e allo -0,4% stimato), pari al calo maggiore da gennaio, mentre le importazioni si sono contratte a un ritmo più lento, scendendo del 4,5%, un ritmo di calo più lento del -7,9% di aprile. Il trend, del resto, è stato in qualche modo anticipato dall’attività delle fabbriche cinesi, ridottasi più rapidamente del previsto a maggio a causa dell’indebolimento della domanda, secondo l’indice ufficiale dei responsabili degli acquisti (Pmi) diffuso la scorsa settimana.

Ora la ripresa del Dragone è in difficoltà

Tra i sottoindici, la produzione industriale è finita in contrazione, mentre i nuovi ordini – comprese le nuove esportazioni – sono scesi per il secondo mese di fila. Dopo aver superato le aspettative nel primo trimestre, gli analisti stanno ora rivedendo al ribasso le loro aspettative sull’economia per il resto dell’anno, poiché la produzione continua a rallentare sulla debolezza della domanda globale. Il governo ha fissato a marzo un target di Pil per l’anno in corso “intorno al 5%”, tra i più bassi degli ultimi decenni.