Sul Pnrr il governo Meloni ha deciso la stretta sulla Corte dei Conti, provocando uno scontro politico che rimbalza sui media ormai da giorni. Al centro della querelle vi è anche un tema ricorrente: quello dello scudo erariale. Cerchiamo di fare un po’ di ordine e capire da cosa nasce lo scontro e cosa è accaduto negli ultimi giorni.

Pnrr: l’emendamento del governo sulla Corte dei Conti

Tutto inizia dal recente decreto-legge presentato dal governo, che ha suscitato dibattito e controversie. Il nucleo del contendere riguarda un emendamento volto a limitare le funzioni di supervisione della Corte dei conti riguardo all’attuazione del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).

La Corte dei Conti è un’istituzione costituzionale incaricata di sorvegliare le finanze dello Stato e prevenire eventuali sprechi di fondi pubblici. Recentemente, l’ente ha rilevato ritardi e problemi nella realizzazione del PNRR, causando frizioni con alcuni membri del governo, che ritengono che il controllo debba essere riservato esclusivamente alla Commissione Europea.

L’emendamento che limita i poteri di controllo della Corte dei Conti proposto dal governo è stato introdotto nel Decreto PA, un decreto-legge relativo all’amministrazione pubblica, che dovrà essere convertito in legge entro la fine del mese.

L’emendamento propone una modifica a un precedente decreto-legge, che consentiva alla Corte dei Conti un “controllo concomitante” sui principali piani e progetti legati al rilancio dell’economia nazionale, compreso il PNRR. Il nuovo emendamento esclude specificamente questo controllo sul PNRR, limitando così le funzioni della Corte dei conti.

Se l’emendamento sarà approvato, alla Corte dei Conti verrà comunque affidata la supervisione generale delle spese e dell’efficienza dei bandi del PNRR. Tuttavia, non potrà più esaminare i singoli progetti. Le opposizioni politiche hanno espresso forte critica a questa limitazione, definendola come un’inaccettabile modifica degli equilibri istituzionali.

Il Ministro Raffaele Fitto, delegato al PNRR, ha tuttavia negato l’intenzione di limitare il ruolo della Corte dei Conti, sostenendo che il controllo concomitante non è mai stato applicato dal 2009, anno della sua introduzione.

Infine, l’emendamento propone anche la proroga fino al 30 giugno 2024 dello scudo erariale, uno strumento che limita le contestazioni per danno erariale solo ai casi di dolo, escludendo la colpa grave dei funzionari pubblici.

Pnrr: scontro tra governo e Corte dei Conti, la difesa di Giorgia Meloni

Giorgia Meloni si è difesa dalle critiche affermando che le decisioni prese dal suo governo non differiscono da quelle del governo precedente, guidato da Conte e Draghi. Tuttavia, la nuova normativa è stata classificata da alcuni come un semplice tecnicismo, dal momento che non si è mai esplicitamente discusso dell’abolizione del controllo concomitante durante il mandato di Draghi.

Come risponde la Corte dei Conti

Nonostante le dichiarazioni di Meloni, infatti, il governo Draghi non ha mai esplicitamente proposto la cancellazione del controllo concomitante. Questa divergenza ha suscitato critiche, e la Corte dei Conti ha rilasciato una dichiarazione sostenendo che la riduzione del controllo compromette seriamente la protezione delle finanze pubbliche.

Anche Debora Serracchiani (PD) si è espressa sul merito, affermando:

L’introduzione di quel controllo è stato uno dei punti più alti dell’attività parlamentare. A tutti i Paesi l’UE ha chiesto un sistema di controllo interno che si sommasse a quello europeo. Noi eravamo indecisi se attribuirlo all’Ufficio parlamentare di bilancio o alla Corte dei Conti e alla fine scegliemmo la Corte.

Anche per questo i magistrati della Corte sono stati finora decisamente critici della scelta. Mentre il governo procedeva a porre la questione di fiducia sul Decreto PA che renderà definitiva la cancellazione del controllo, ieri, i magistrati si sono riuniti in assemblea. Ne è uscito un comunicato in cui si rivendica che l’allentamento dei controlli “riduce di fatto la tutela della finanza pubblica“, perché “non sono in gioco le funzioni della magistratura contabile, ma la tutela dei cittadini“.

In una nota precedente l’Associazione dei Magistrati della Corte dei Conti aveva espresso il suo stupore relativamente all’emendamento proposto dal governo:

L’Associazione Magistrati della Corte dei Conti manifesta sconcerto e stupore in merito alle possibili e prossime iniziative del Governo, riportate dagli organi di stampa, volte a ridurre gli ambiti di competenza della magistratura contabile sul fronte del controllo concomitante e a prorogare di nuovo e inopinatamente il cosiddetto scudo erariale, introdotto nel 2020, ormai in scadenza. […] L’Associazione ribadisce sin da ora con forza la preoccupazione per tali possibili iniziative estemporanee, gravemente lesive del principio di autonomia e indipendenza della magistratura e ripropone l’invito al Governo a istituire un tavolo di confronto sulle riforme, ritenendo che lo sviluppo del Paese passi attraverso la costruzione di un percorso di legalità, nel quale ciascuno è chiamato a svolgere il proprio ruolo, nel rispetto delle reciproche attribuzioni.

Lo scudo erariale

Un’altra questione di dibattito è la proroga dello scudo erariale per gli amministratori locali, come i sindaci. Questo strumento protegge gli amministratori dalla responsabilità economica se un progetto non riesce, a meno che non siano stati dimostrati intenzionalmente dannosi per le finanze pubbliche. Il Governo Meloni intende prolungare l’uso di questo strumento, nato per allontanare la “paura di firma” e tentare di velocizzare lo sviluppo dei progetti, una decisione che ha suscitato preoccupazione per il possibile indebolimento del controllo delle spese pubbliche.

Nel comunicato dell’Associazione, infatti, si legge anche quanto segue:

Il controllo concomitante è stato istituito ai sensi dell’articolo 22 del dl n. 76/2020 con il chiaro intento di accelerare gli interventi di sostegno e di rilancio dell’economia nazionale e non di esserne un freno. La norma temporanea dell’art. 21 dello stesso decreto (“scudo erariale”) ha aperto uno spatium di impunità che va a vantaggio del funzionario infedele e di chiunque sperperi le risorse pubbliche.