Continua a prendere forma lo schema del Partito Democratico di Elly Schlein. Ma a piccoli passi e non senza difficoltà. Quella di domani potrebbe essere una giornata importante visto che vedrà riunirsi il gruppo dem del Senato per formalizzare l’ufficio di presidenza di Palazzo Madama. Al fianco del Presidente Francesco Boccia dovrebbe figurare Franco Mirabelli in quota maggioranza e poi: Alfredo Bazoli e Beatrice Lorenzin, per l’area Bonaccini, ed Antonio Nicita per quella dei neo ulivisti. Questa, salvo sorprese, la formazione finale che dovrebbe emergere dall’incontro di domani.

Nodo Camera

Decisamente più complicata la questione che afferisce la Camera dei deputati dove i nodi permangono e dove, a due mesi dalla nomina della capogruppo Chiara Braga, ancora non è stata trovata la sintesi nelle altre posizioni. Dai vice capigruppo ai tesorieri passando per i delegati d’aula. L’idea iniziale che circolava in via del Nazzareno, cioè quella di confermare la situazione iniziale, pare tramontata sacrificata sull’altare della competizione intestina. Attualmente Andrea De Maria è tesoriere e la vicepresidenza consta di Simona Bonafè, Beppe Provenzano e Piero De Luca. Grossi dubbi aleggiano proprio su quest’ultimo che incanterebbe il nein di una parte di partito. È una questione di equilibrio, assicurano, un centro di gravità permanente da individuare specialmente alla luce del fatto che alla Camera bassa verrà nominato un esponente riformista quale Alfredo Vazoli. C’è una sfida nella sfida, quella tra riformisti ed ulivisti, che complicherebbe il lavoro della segreteria nell’individuazione di questa complicata sintesi.

Poltrone girevoli

Un’altra soluzione potrebbe essere quella di far girare le poltrone internamente: Piero De Luca potrebbe diventare tesoriere e Andrea De Maria passare in vicepresidenza. Ma potrebbe essere non così semplice anche perché parliamo di un avvicendamento squilibrato visto che il tesoriere, seppure ruolo importante, non ha grossi oneri politici in capo. Sicuramente non sarà in vicepresidenza Beppe Provenzano che è stato nominato in Segreteria con la delega agli Esteri. Al suo posto dovrebbe essere nominata Valentina Ghio in quota sinistra dem. L’attesa potrebbe durare ancora a lungo, sicuramente più di qualche giorno, visto che non è stata ancora fissata una riunione dei dem della Camera. Intanto, domani, ci sarà quella del Senato. Dove tutto dovrebbe essere deciso. Ma il condizionale, visto l’andazzo, è quantomai necessario.

Avanti sui temi

Mentre procede il rebus delle nomine il Partito Democratico prova ad andare avanti sui temi. La riunione dei parlamentari non è stata fissata ma in agenda, oltre quella di domani al Senato, è già fissata quella dei gruppi parlamentare uniti. È il secondo appuntamento voluto da Elly Schlein dopo quello fissato per discutere dell’emergenza in Emilia-Romagna. Senatori e deputati, stavolta, si vedranno per parlare di lavoro. Tra gli altri, si attende qualche segnale da Annamaria Furlan, esponente dem ed ex sindacalista Cisl che, stando a quanto si apprende da fonti parlamentari, avrebbe manifestato qualche dubbio sulla posizione del Pd, considerata troppo filo Cgil. Di incontri del genere ce ne saranno altri, tutti su temi centrali dell’agenda del PD. Tra questi sicuramente il PNRR: tema su cui Elly Schlein ha lanciato il guanto di sfida al governo anche nel tentativo di rimobilitare il partito dopo la debacle alle amministrative. Così, sull’argomento, la capogruppo Chiara Braga:

La gestione del Pnrr è la dimostrazione dell’incapacità di gestire una grande opportunità e di trasformarla invece in un pesante fardello ereditato da altri. Da mesi il Partito Democratico chiede chiarezza e iniziativa: ad oggi abbiamo invece solo una governance centralizzata e paralizzata, che ha fatto accumulare inutili ritardi, e l’annuncio di un voto di fiducia per cancellare il ruolo di controllo della Corte dei conti. Ma si sa, non c’è governo più insofferente al controllo di quello di destra. È così in Italia, è così in altre democrazie europee. Il Pnrr è il banco di prova del fallimento del governo Meloni, purtroppo però a pagarne le spese è il Paese.