In un rapporto di lavoro, la parte che recede dal contratto e non rispetta i termini di preavviso deve corrispondere un’indennità sostitutiva. Il periodo di preavviso è previsto dal Codice Civile ed è il lasso di tempo tra la comunicazione di recesso e l’ultimo giorno di validità del contratto.

L’indennità sostitutiva è dovuta dall’azienda o dal lavoratore in caso di mancato preavviso, tranne che in alcune particolari circostanze. Vediamo quando deve essere pagata e quali sono le eccezioni.

Indennità sostitutiva di preavviso, cos’è e quando è dovuta

Il datore di lavoro e il lavoratore dipendente possono recedere dal contratto rispettando il periodo di preavviso previsto dal CCNL. È opportuno che entrambe le parti rispettino i termini, comunicando la fine del rapporto di lavoro con un certo anticipo. Il recesso mette l’altra parte in difficoltà e proprio per ovviare a questa possibile conseguenza bisogna dare il tempo di organizzarsi: nel caso del datore di lavoro nel trovare un sostituto, nel caso del lavoratore di cercare un’altra occupazione.

Quanto dura il preavviso? Non esiste un limite fisso che si applica a tutti i rapporti di lavoro. Pertanto, si deve verificare il Contratto Collettivo nazionale di riferimento. In linea di massima, però, si considerano alcuni fattori come il livello di inquadramento e l’anzianità di servizio del lavoratore. Spesso, i termini di preavviso decorrono dal giorno 1 o 16 del mese e non dalla comunicazione di recesso.

Se non si rispetta il periodo di preavviso, la legge prevede una penalizzazione economica. La parte recedente che non rispetta i termini previsti dal CCNL deve erogare all’altra parte un’indennità pari alla retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore durante il preavviso.
L’importo è dovuto sia dal datore di lavoro che non rispetta il preavviso in caso di licenziamento sia dal dipendente che si dimette senza rispettare i termini. Come si calcola? Si deve prendere, come base di computo:

  • La retribuzione;
  • Ogni somma corrisposta a titolo non occasionale;
  • La media dei bonus e dei premi di produzione degli ultimi 36 mesi.

Recesso del datore di lavoro e del lavoratore

Come abbiamo spiegato, l’indennità è dovuta sia dal datore di lavoro che dal dipendente, in caso in cui non vengano rispettati i termini.
Quando è dovuta dal datore di lavoro?

  • Consenso del dipendente al recesso immediato;
  • Mancato consento al recesso immediato.

Se il lavoratore dipendente recede dal contratto per dimissioni, senza rispettare il periodo di preavviso, si possono verificare due casi. Da una parte, il datore di lavoro potrebbe acconsentire al recesso immediato e rinunciare alla trattenuta dell’indennità. Dall’altra parte, il datore di lavoro potrebbe non acconsentire al recesso immediato e il lavoratore potrebbe continuare a lavorare o subire la trattenuta dell’indennità. Cosa succede in caso di morte? L’indennità è dovuta agli eredi e deve essere liquidata in busta paga a carico del datore di lavoro.

Ci sono altri casi in cui ricorre l’obbligo? Sì, l’indennità deve essere pagata dal datore di lavoro, per esempio, nei seguenti casi:

  • Licenziamento per giusta causa, convertito dal giudice in giustificato motivo;
  • Risoluzione del contratto per fallimento o liquidazione coatta amministrativa.

Quando non è dovuta

Ci sono anche molte altre circostanze in cui non è affatto obbligatorio rispettare il periodo di preavviso, senza il rischio di dover pagare l’indennità sostitutiva.

Quali sono le eccezioni?

  • Il recesso per giusta causa;
  • Il recesso del contratto allo scadere dei termini (per i contratti a tempo determinato);
  • La risoluzione consensuale;
  • La risoluzione per mancata ripresa del servizio a seguito di reintegrazione al lavoro conseguente al licenziamento.

In questi casi non si deve rispettare l’obbligo di preavviso.