La strage di Cutro ha dei responsabili, secondo il legale Francesco Verri: primo tra tutti, lo Stato italiano. La tragedia, avvenuta lo scorso 26 febbraio, ha scosso profondamente il paese: sono stati più di 90 i morti, tra cui 35 minori, e alcuni corpi non sono mai stati ritrovati. Da quel tragico giorno, i familiari delle vittime hanno cercato giustizia e risposte, accusando lo Stato di aver commesso errori fatali; sembra che le responsabilità stiano emergendo, secondo l’avvocato Francesco Verri, rappresentante legale di alcuni dei familiari.

La Procura di Crotone, guidata dal Procuratore Giuseppe Capoccia e dal Pm Pasquale Festa, ha iscritto nel registro degli indagati sei persone, tra cui tre finanzieri. In particolare, sono stati emessi decreti di perquisizione nei confronti del tenente colonnello Alberto Lippolis, comandante del Roan di Vibo Valentia della Guardia di Finanza, di Antonino Lopresti, operatore di turno la notte della tragedia, e del colonnello Nicolino Vardaro, comandante del Gruppo aeronavale di Taranto. Altre tre persone sono coinvolte, ma i loro nomi non sono ancora stati resi noti.

L’accusa del legale sulla strage: “A Cutro lo Stato ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare”

Le indagini si concentrano sul mancato intervento in soccorso dei migranti e sulla verifica del rispetto della normativa che imponeva un intervento indipendentemente dalle singole competenze e responsabilità. Secondo l’avvocato Verri, le responsabilità dello Stato sono chiare, come sostenuto fin dal principio. Parlando dei documenti pubblicati da Lighthouse Reports, che riportano testimonianze sulla catena di comando e sulle falle che hanno portato alla tragedia, l’avvocato Verri afferma che questi documenti confermano ancora di più le prove schiaccianti dell’errore dello Stato.

Un documento in particolare sembra chiudere il cerchio delle deduzioni ragionevoli. Si tratta del brogliaccio della Guardia di Finanza che, secondo l’avvocato Verri, individua correttamente la presenza di migranti sulla nave e segnala l’avvicinamento alle autorità italiane già alle nove di sera. La Procura ha sequestrato computer, telefoni e tablet di ufficiali e sottufficiali in servizio quella notte, al fine di valutare gli atti compiuti, le modalità operative e le reazioni delle forze dell’ordine.

Le indagini si concentrano anche sulla mancata presenza delle forze dell’ordine sulla spiaggia durante l’operazione di law enforcement. L’avvocato Verri solleva la questione di perché non ci fosse nessuno a terra se l’obiettivo era violare la legge sull’imbarcazione. I familiari delle vittime hanno sempre avuto fiducia nella Procura e si aspettano che la verità emerga da un processo che, secondo loro, si svolgerà.