Cos’è l’oblio oncologico e perché se ne sta parlando? Si tratta di un diritto soggettivo che tutela gli ex malati di cancro, spesso costretti a fare i conti con le conseguenze del tumore per anni, anche a livello amministrativo. Attualmente, nel nostro ordinamento, non è però riconosciuto. Dovrebbe partire tra pochi giorni, alla Camera, la discussione sui quattro disegni di legge – due presentati dalla maggioranza, due dalla minoranza – che ne prevedono l’inserimento, sul modello di quanto già accaduto in altri Paesi europei. L’obiettivo del governo è quello di arrivare, entro l’estate, a un testo unico che metta d’accordo tutte le forze politiche. Capiamo cosa prevede nel dettaglio.

Cos’è l’oblio oncologico?

Il concetto di “diritto all’oblio oncologico” deriva da quello, più generico, di “diritto all’oblio”, che consiste nel rendere inaccessibili online – dopo un certo periodo di tempo – i propri dati personali. Rientra, in pratica, nel diritto che ogni individuo ha di potersi lasciare alle spalle vicende ritenute superate, essendo “dimenticato” per fatti che in passato furono oggetto di cronaca: notizie che, anche se vere, rischierebbero di danneggiare, nel presente, l’onore o le attività (professionali e non) del soggetto coinvolto. Si tratta di un diritto conseguente a quello della riservatezza e protezione dei dati. Più in generale, della privacy.

L’accezione “oncologica” di tale diritto riguarda la possibilità, per le persone guarite da un tumore (i tempi per essere considerati “guariti” variano in relazione alle diverse neoplasie), di non fornire informazioni sulla propria malattia pregressa. Cosa che attualmente è richiesta, in alcune circostanze. Si è obbligati a dichiararlo, ad esempio, per accedere ai servizi bancari e finanziari, tra i quali la stipula di assicurazioni e l’ottenimento di mutui, ma anche nei percorsi per l’adozione di un bambino. Con il risultato che, spesso, si risulta svantaggiati rispetto alle altre persone. Una vera e propria discriminazione, che più volte, nel corso degli anni, le associazioni attive in ambito tumorale hanno denunciato, chiedendo che fossero fatti dei passi in avanti.

I disegni di legge presentati alla Camera

Dei cambiamenti alla fine ci sono stati. L’Unione Europea ha infatti chiesto ai suoi Stati membri di garantire il diritto all’oblio oncologico ai propri cittadini entro il 2025. Diversi Paesi, come Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda, Portogallo e Romania si sono già adeguati. La Spagna è sulla giusta via. E l’Italia? Nel nostro Paese maggioranza e minoranza di governo hanno depositato quattro disegni di legge che – sul modello francese – prevedono il diritto all’oblio oncologico per gli ex malati di tumore a 10 anni dalla conclusione delle terapie (5 nel caso di diagnosi in minore età, fino ai 21 anni). Due di essi prevedono, poi, l’istituzione di un supervisore sull’applicazione della legge e di un garante per la parità di trattamento.

La discussione in Commissione Affari sociali della Camera dovrebbe partire già nei prossimi giorni. L’obiettivo del governo è arrivare, entro la prossima estate, a un testo unico che metta d’accordo tutti, al di là delle divisioni politiche. Se fosse inserito nel nostro ordinamento, il diritto riguarderebbe quasi 1 milione di persone che attualmente, nonostante la guarigione, non possono accedere con la stessa facilità degli altri a particolari servizi. Per aiutarli l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), in collaborazione con altre associazioni (come FAVO e AIRC) aveva lanciato una raccolta firme.

Lo scopo è quello di assicurare agli ex pazienti oncologici di vivere una “vita normale”, senza essere etichettati, come spesso avviene, per la malattia che hanno dovuto combattere. “Io non sono il mio tumore”, si chiamava, non a caso, la campagna di sensibilizzazione che accompagnava la raccolta firme. È ciò a cui, attraverso l’introduzione del diritto all’oblio oncologico, si aspira.