Il processo relativo alla vicenda del Ponte Morandi a Genova si arricchisce di un nuovo tassello: Gianni Mion, ex ad di “Edizione”, holding dei Benetton, dice di essere stato al corrente di un possibile crollo fin dal 2010. Molto tempo prima dell’effettiva tragedia, che avvenne il 14 agosto 2018 e provocò 43 morti e 11 feriti.

L’ex consigliere di amministrazione di Aspi e della sua ex controllante, Atlantia, parla di un presunto “difetto di progettazione” del ponte, emerso durante una riunione. Ecco le sue frasi pronunciate durante il processo.

Emerse che il ponte aveva un difetto originario di progettazione e che era a rischio crollo. Chiesi se ci fosse qualcuno che certificasse la sicurezza e Riccardo Mollo mi rispose ‘ce la autocertifichiamo’. Non dissi nulla e mi preoccupai. Era semplice: o si chiudeva o te lo certificava un esterno. Non ho fatto nulla, ed è il mio grande rammarico.

Secondo la testimonianza di Mion, alla riunione parteciparono diverse personalità poi implicate nel fatto di cronaca. Tra queste, oltre al già citato direttore generale di Aspi Riccardo Mollo, l’ad di Aspi Giovanni Castellucci, Gilberto Benetton, il collegio sindacale di Atlantia e, secondo i ricordi del manager, tecnici e dirigenti di Spea.

Crollo Ponte Morandi, dopo le frasi di Mion l’avvocato di Rigacci chiede sospensione e indagine a suo carico

Dopo le frasi pronunciate da Mion è subito arrivata la replica dell’avvocato Giorgio Perroni, legale difensore dell’ex direttore del Primo tronco di Autostrade, Riccardo Rigacci. Perroni ha chiesto di sospendere l’esame di Gianni Mion e di indagarlo.

L’esame di Mion è andato avanti e i giudici hanno detto che si riservano sulla richiesta avanzata da Perroni. Rigacci è indagato insieme ad altre 58 persone: secondo l’accusa tutti sapevano che il ponte fosse pericolante. Nessuno fece nulla, in modo da non far lievitare i costi e da garantire maggiori dividendi ai soci. Sulla questione, in occasione dell’ultimo anniversario, era intervenuto anche Sergio Mattarella, facendosi portavoce delle famiglie coinvolte nel chiedere giustizia.