31 anni dalla strage di Capaci. Nell’attentato del 23 maggio 1992 hanno perso la vita Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e la loro scorta, anni dopo la memoria del giudice impegnato nella lotta contro la mafia è ancora viva in tantissime iniziative, manifestazioni e nel presente della Sicilia.

Strage di Capaci, cosa resta 31 anni dopo

Era il 23 maggio 1992 quando Giovanni Falcone, assieme alla moglie Francesca Morvillo e alla sua scorta fu vittima di un attentato sull’Autostrada A29. Alle ore 17:57 una parte della strada che il giudice stava percorrendo fu fatta esplodere, le prime vittime quel giorno furono i tre agenti della scorta del magistrato: gli agenti Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo. Falcone e sua moglie viaggiavano su una Croma bianca che dopo il fortissimo boato si schiantò contro un muro di asfalto e detriti sollevatisi dopo lo scoppio. Rimasero vivi gli agenti Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo. Giovanni Falcone e Francesca Morvillo sopravvissero per poco all’attentato per poi morire in ospedale a causa delle gravissime ferite riportate. L’ultima persona ad incontrare Falcone fu il suo collega Paolo Borsellino che il 19 luglio 1992 morì nella strage di via d’Amelio.

Chi era Giovanni Falcone

Giovanni Falcone era un magistrato italiano che assieme ad altri colleghi ha giocato un ruolo fondamentale nella lotta alla mafia in Sicilia e poi a livello internazionale. Ha fatto parte del pool antimafia voluto da Rocco Chinnici ma poi sviluppato da Antonio Caponnetto: lo scopo del pool era quello di indagare sui reati di mafia. La svolta alle indagini arrivò con l’arresto del latitante Tommaso Buscetta che a colloquio con Falcone rivelò importanti dettagli dell’organizzazione criminale, svelando così come si strutturava Cosa Nostra e chi ne era al vertice. Le rivelazioni dell’ex boss riempirono intere pagine di verbali con un contenuto inestimabile per la conoscenza e la lotta alla criminalità organizzata.

Più di un anno dopo si tenne il maxiprocesso al Tribunale di Palermo che avrebbe segnato un altro duro colpo a Cosa Nostra: 360 condanne per un totale 2665 anni di carcere e undici miliardi e mezzo di lire di multe, questi furono i numeri del maxiprocesso. Un primo attentato nei confronti di Giovanni Falcone fu quello all’Addaura, dove il giudice aveva una villa, ma fallì. Seguì a quell’attentato la “stagione dei veleni“, in un momento così difficile il duro lavoro del magistrato non si fermò mai fino al 1992 quando un attentato non pose fine alla sua ricerca della verità.

Il ricordo e le iniziative dopo la strage di Capaci

Non sono morti, le loro idee continuano a camminare sulle nostre gambe” è uno dei tanti slogan che sono nati dopo il 1992 che meglio incarna quanto è stato ereditato da quegli anni di lotta alla mafia. Oggi le cose sono cambiate in Sicilia dagli anni ’90 e Cosa Nostra, anche se continua a esistere e a giocare un ruolo, si è dovuta trasformare con il tempo: dalla morte di Falcone e dall’attentato di via D’Amelio l’organizzazione criminale ha subito delle sonore sconfitte da parte dello Stato, l’arresto di Riina prima nel 1993, poi quello di Provenzano nel 2006 ed infine quello dell’ultimo capo dei capi Messina Denaro.

Nel corso della giornata di oggi in Sicilia si terranno diverse iniziative tra tutte c’è quella della Rete scuole cultura antimafia che ha organizzato una passeggiata simbolica che lega il tribunale con la questura per ricordare le vittime del 23 maggio. Oggi è proprio dalle scuole che parte il ricordo della lotta alla mafia, per educare le generazioni future al ripudio della mafia. In passato abbiamo toccato questo tema in un’intervista a Nicolò Nicolosi, sindaco di Corleone che tuttora lavora per presentare un'”altra Corleone” differente da quella legata alla criminalità organizzata. Dal sacrificio di Falcone si è rafforzata quella Sicilia che vuole mettere una pietra sui fenomeni che hanno condizionato lo scorso secolo e guardare al futuro.