Spunta il possibile movente dell’omicidio di Mapello. Il killer reo confesso del delitto di Stefania Rota, Ivan Perico, avrebbe infatti ammesso di aver agito contro la cugina al culmine di una lite legata ad alcuni immobili in comune tra i due. A riferirlo sono stati i legali che lo sostengono, gli avvocati Stefania Battistelli e Piero Pasini, al termine di un incontro avuto con l’indagato in carcere. Stando alle loro parole, l’uomo, che nel corso dell’interrogatorio di garanzia davanti al gip si era avvalso della facoltà di non rispondere, si sarebbe ora mostrato disposto a parlare con il pm.

Omicidio Mapello movente: la presunta lite per un capannone

Secondo i due difensori, alla base del delitto ci sarebbero alcune liti interscorse tra Ivan Perico e la cugina per degli immobili in comune; in particolare, i confini di un capannone – forse abusivo – situato tra la proprietà ricevuta in eredità dai genitori di lei e quella dell’uomo, immediatamente adiacente. Per la questione i due avrebbero dovuto rivolgersi ad un geometra. A colpire gli inquirenti è il fatto che si tratti dello stesso che, poco dopo, avrebbe subìto un atto vandalico al suo ufficio. A riportarlo è il Corriere della Sera, secondo cui il 3 marzo (l’omicidio della 62enne risalirebbe all’11 febbraio) un uomo si sarebbe recato dal professionista munito di una tanica di benzina (forse la stessa rinvenuta nell’auto della donna) e avrebbe appiccato il fuoco.

I due episodi potrebbero essere collegati. A chiarirlo sarà Perico che, nelle prossime ore, dovrebbe essere ascoltato nuovamente dal pm. Secondo gli avvocati che lo sostengono, l’uomo, “psicologicamente molto fragile”, avrebbe infatti deciso di ripercorrere con gli inquirenti ogni dettaglio del delitto, a partire appunto dal movente. Secondo loro, avrebbe agito perché colto da un “raptus”.

È un uomo incensurato, certamente si deve liberare di un peso. Ha perso la testa, qui si parla di un dolo d’impeto,

ha dichiarato Piero Pasini, uno dei suoi legali. A dimostrarlo sarebbe anche l’arma usata dall’uomo: un batticarne, il primo oggetto, cioè, che si sarebbe trovato per le mani in quel frangente. Se così fosse confermato, cadrebbero i presunti “motivi passionali” ipotizzati in un primo momento. E, in caso di contestazione dei “futili motivi” in fase processuale, l’uomo potrebbe anche andare incontro all’ergastolo, perché verrebbe meno la possibilità di richiedere il rito abbreviato e il relativo sconto di pena.

Gli indizi che hanno incastrato Ivan Perico

Ad incastrare l’uomo, cugino nonché vicino di casa della vittima, sarebbero stati diversi elementi. Innanzitutto i suoi comportamenti in seguito alla scomparsa della donna: a differenza delle amiche di lei, che avrebbero fatto di tutto per cercarla, l’uomo – che aveva contatti quotidiani con la cugina – sarebbe apparso tranquillo e, davanti agli inquirenti, avrebbe sostenuto più volte di sapere che Stefania si era recata al mare, in Liguria, per accudire un anziano. Cercando, quindi, di depistare le indagini.

Si sarebbe anche appropriato di alcuni oggetti personali della donna, il telefonino e la borsetta che non erano mai stati ritrovati, insieme alle sue chiavi di casa. Non solo: dopo l’omicidio, avrebbe spostato più volte l’auto della donna, una Ford Fiesta di colore viola ritrovata in un parcheggio pubblico. E, a differenza di quanto faceva prima – le indagini parlano di oltre 100 telefonate indirizzate alla donna dallo scorso giugno -, avrebbe interrotto ogni contatto con lei proprio l’11 febbraio, giorno del delitto.

La donna era stata trovata senza vita all’interno della sua abitazione due mesi dopo, lo scorso 21 aprile. Inizialmente si era pensato che potesse essere caduta dopo aver accusato un malore. Gli indizi raccolti dagli inquirenti avevano condotto, però, all’uomo. Così come alcune scritte rinvenute nell’agenda della donna che, pochi giorni prima della sua morte, vi avrebbe appuntato: “Attenta, Ste, a Ivano…”.