A due anni dalla tragica scomparsa della figlia, la madre di Luana D’Orazio, morta dopo essere rimasta bloccata in un macchinario nel corso di uno stage in fabbrica in provincia di Prato, è tornata sulla vicenda. Parlando con il Corriere della Sera, la donna, ancora straziata dall’accaduto, ha messo in evidenza la necessità di introdurre il reato di omicidio sul lavoro e ha ricordato la giovane vittima, che ha lasciato un bimbo che oggi ha 6 anni, affidato alle cure dei nonni. Il piccolo, di nome Alessio, ha ricevuto lo scorso primo maggio una borsa di studio.

Luana D’Orazio, le parole della madre a due anni dalla tragedia

C’è l’omicidio stradale, perché non si può introdurre l’omicidio sul lavoro?

Con queste parole, intervistata dal Corriere della Sera, Emma Marazzo, la mamma di Luana D’Orazio, è tornata sul tragico incidente che ha strappato alla vita sua figlia, ormai due anni fa. Luana, 22 anni e mamma di un bimbo di 5, stava lavorando come apprendista all’interno di una fabbrica tessile di Montemurlo, a Prato, quando fu inghiottita e stritolata da un macchinario, manomesso – secondo quanto ricostruito dalle indagini – per velocizzare le operazioni degli operai e, di conseguenza, aumentare il profitto dell’azienda. Era il 3 maggio del 2021 e la terribile vicenda sconvolse l’Italia, facendo precipitare la famiglia della vittima in un vortice di dolore.

Per la morte della giovane, nel frattempo, hanno patteggiato la pena i due titolari dell’azienda coinvolta, Luana Coppini e Daniele Faggi, condannati rispettativamente a due anni e un anno e sei mesi di reclusione, a fronte del pagamento di una somma di circa 1 milione di euro di risarcimento nei confronti delle parti lese. Una pena giudicata irrisoria dai genitori della vittima, che ancora fanno i conti con quanto accaduto, come il figlio di Luana, che, dopo la sua morte, è stato affidato alle cure dei nonni.

Gli abbiamo detto che la mamma era stata agganciata dalla macchina che non aveva funzionato. E sa cosa ha detto? Bisogna comprare una macchina nuova. Ci arriva anche un bimbo di 5 anni. E prova a far sì che altri non si facciano male come la sua mamma, risucchiata e schiacciata nel rullo del filo. Invece… la macchina non era rotta. I blocchi di sicurezza erano stati disattivati,

spiega ora la mamma al Corriere, ricordando quel fatale giorno di due anni fa, e specificando che “si deve smettere di chiamarli incidenti sul lavoro”. Per lei, infatti, si tratta di veri e propri “omicidi”: la figlia, in quanto apprendista, avrebbe dovuto essere affiancata da un altro operaio, invece era stata lasciata da sola e, forse anche per questo, alla fine era morta. Non potendo più riavere indietro la giovane, spera almeno che siano gli altri lavoratori a salvarsi dallo stesso destino.

L’omaggio a Luana in occasione del primo maggio

In tanti hanno ricordato Luana lo scorso primo maggio, come simbolo dei numerosi morti sul lavoro che ogni anno si registrano nel nostro Paese. Tra coloro che le hanno reso omaggio, anche Lodo Guenzi de “Lo stato sociale”, che sui social ha pubblicato un lungo post in cui, tra le vittime, cita proprio la giovane.

In occasione della prima corsa del Gran Premio di Ippica di Agnano, sempre il primo maggio, alla madre di Luana D’Orazio è stata consegnata, “di concerto con il ministro Francesco Lollobrigida”, anche una borsa di studio per il nipote, Alessio, figlio della 22enne morta in fabbrica, ora affidato alle cure dei nonni. A farlo sapere è stato il sottosegretario al Masaf, Patrizio Lo Pietra.