Partita Iva a regime forfettario, ecco come e quando cambiare in regime ordinario durante l’anno. La legge di Bilancio 2023 stabilisce che le partite Iva possano (e devono) cambiare regime nel corso dell’anno con nuove regole e limiti stabiliti. La novità comporta l’adesione totale all’ordinario già dal momento del cambio, senza dover attendere il 1° gennaio dell’anno successivo. È questa la vera novità che non trova precedenti nella legislazione delle partite Iva se non nel regime “dei minimi” del 2014. Ecco, dunque, quando ricorrano le condizioni per lasciare il regime forfettario, le regole di transizione e quali sono i nuovi adempimenti fiscali di chi entri nell’ordinario.

Partita Iva, si può cambiare da regime forfettario a ordinario nel corso dell’anno?

Partita Iva, si può cambiare da regime forfettario a ordinario nel corso dell’anno? La risposta è affermativa e necessita di specifici accorgimenti da parte dei lavoratori autonomi interessati. Innanzitutto, la legge di Bilancio 2023 stabilisce un limite dei ricavi al di sopra del quale diventa obbligatorio cambiare regime e da subito. È il tetto dei 100.000 euro di compensi e ricavi all’anno, che può essere raggiunto in qualsiasi momento dei dodici mesi solari. Questo livello rappresenta il tetto massimo più alto rispetto al regime di flat tax di 85.000 euro all’anno. Chi dovesse raggiungere ricavi da 85.000 a 100.000 euro dovrà cambiare regime, dal forfettario all’ordinario, il 1° gennaio dell’anno successivo. Sforato il tetto dei 100.000 euro, il cambio avviene da subito, senza dover attendere l’inizio del nuovo anno.

Partita Iva forfettario, qual è il tetto dei ricavi e compensi per il cambio obbligatorio?

Stabiliti i tetti di ricavi per l’obbligo di cambio della partita Iva da forfettaria a ordinaria, è interessante osservare che, mai nell’anno in corso, si potesse fare il passaggio. L’unica eccezione era fissata dal comma 71 della legge numero 190 del 2014 che stabiliva, peri il regime agevolato “dei minimi” delle nuove e piccole partite Iva, il passaggio immediato al superamento del tetto dei 45.000 euro di compensi e ricavi. La legge di Bilancio 2023 stabilisce questo tetto per compensi superiori a 100.000 euro, non potendosi più applicare – già nel corso dell’anno – il regime agevolato di flat tax del 5 o del 15 per cento di imposta sostitutiva.

Flat tax 5% o 15%, quando non si può più applicarla?

Proprio sulle imposte, il cambio di regime da forfettario a ordinario va a incidere nettamente determinando anche la scelta di adesione iniziale alla partita Iva agevolata. Con la partita Iva a regime forfettario, infatti, si paga l’imposta sostitutiva del 15 per cento all’anno (o del 5 per cento per le partite Iva aperte da meno di cinque anni). Nel caso delle partite Iva ordinarie, invece, i lavoratori autonomi sono assoggettati alla tassazione Irpef per scaglioni che vanno dal 23 al 43 per cento. Ma, per ridurre le imposte da pagare, possono applicare le deduzioni e le detrazioni.

Cosa succede con il cambio da partita Iva a regime forfettario a ordinario?

Proprio sulle deduzioni e sulle detrazioni si gioca la convenienza o meno del passaggio dalla partita Iva a regime forfettario a quella ordinaria. Infatti, nel momento del passaggio da un regime all’altro, il lavoratore autonomo è obbligato alla diversa fatturazione, anche nel bel mezzo dell’anno. Quindi il professionista, nel nuovo regime, dovrà da subito:

  • addebitare l’Iva al cliente diversamente dal regime forfettario, già a partire dalla fattura che determina il superamento del tetto dei 100.000 euro;
  • registrare le fatture passive detraendo l’Iva;
  • assoggettare a nuova tassazione i ricavi con Irpef a scaglioni dal 23 al 43 per cento;
  • avvantaggiarsi di deduzioni e detrazioni fiscali;
  • applicare le ritenute d’acconto solo sui compensi percepiti dai professionisti dopo il cambio di regime fiscale.