Un gruppo di scienziati ha scoperto che alla base della depressione ci sono delle cause biologiche. Si tratta di un disturbo mentale che colpisce nel mondo milioni di persone. Si stima che la depressione, conosciuta in varie forme e gradi di gravità, colpisca circa 3 milioni di italiani. Questi gli ultimi dati pubblicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Una patologia su cui si continua costantemente a studiare.

Depressione, scoperte le cause biologiche

La depressione è una patologia pesante. Difficile da riconoscere, specie se in forma iniziale e complicata da debellare. Colpisce l’aspetto mentale e psicologico e gli studi più recenti dimostrano che l’età media della popolazione che ne soffre è sempre più bassa. Il covid, le chiusure obbligatorie, il lockdown, non hanno fatto altro che accentuare ancora di più un problema già esistente. La crisi economica e la solitudine hanno portato, negli anni, ha raccontare troppo spesso storie di suicidi di adulti e ragazzi. Ma uno studio recente dimostra che importanti passi in avanti possono essere compiuti rispetto a questa malattia.

Martemyanov, che presiede il dipartimento di neuroscienze presso l’istituto di Jupiter e il suo team, di studenti e ricercatori post-dottorato hanno trascorso molti anni a lavorare sulla questa patologia. Non si sono proposti di trovare una causa, tanto meno una possibile via di trattamento per la depressione. Invece, hanno iniziato le loro ricerche ponendosi una domanda fondamentale: in che modo i sensori sulle cellule cerebrali ricevono e trasmettono segnali? Qui sta la chiave per comprendere la visione, il dolore, la memoria, il comportamento e forse molto altro.

Secondo Martemyanov infatti: “La maggior parte dei farmaci per le persone con depressione impiegano settimane prima che facciano effetto, se mai lo fanno. Sono davvero necessarie nuove e migliori opzioni”. Ed è proprio in questa direzione che hanno proiettato gli studi degli ultimi anni.

Gli studi di Martemyanov e del suo team

Gli scienziati del Wertheim UF Scripps Institute for Biomedical Innovation & Technology, hanno scoperto che esiste un amminoacido comune, la glicina, che può fornire un segnale di “rallentamento” al cervello. Questo contribuisce probabilmente alla depressione maggiore, all’ansia e ad altri disturbi dell’umore in alcune persone. Una scoperta, pubblicata sulla rivista ‘Science’, che migliora la comprensione delle cause biologiche della depressione e che potrebbe accelerare gli sforzi per sviluppare nuovi farmaci ad azione più rapida.

Nel 2018 il team di Martemyanov aveva scoperto che un nuovo recettore, chiamato GPR158, era coinvolto nella depressione indotta dallo stress. Gli esperimenti fatti sui topi hanno dimostrato che quelli che non avevano il gene per il recettore, chiamato GPR158, erano sorprendentemente resistenti allo stress cronico. Bersagliare quello per curare la malattia rappresentare quindi il primo step. Nel 2021 poi il suo team era riuscito a risolvere la struttura del GPR158. Una scoperta importante per migliorare la vita delle persone.

Cos è la glicina

La glicina viene venduta come integratore alimentare classificato come miglioramento dell’umore. È un elemento costitutivo di base delle proteine e colpisce molti tipi di cellule diversi, a volte in modi complessi. In alcune cellule invia segnali di rallentamento, mentre in altri tipi di cellule invia segnali eccitatori. Alcuni studi però hanno collegato la glicina anche alla crescita del cancro alla prostata. Sono per questo necessarie ulteriori ricerche per capire come il corpo mantiene il giusto equilibrio dei recettori mGlyR e come l’attività delle cellule cerebrali è influenzata.

“Abbiamo un disperato bisogno di nuovi trattamenti per la depressione”, ha detto Martemyanov. “Se possiamo mirare a questo con qualcosa di specifico, ha senso che possa essere d’aiuto. Ci stiamo lavorando ora e continueremo a farlo”, ha concluso l’autore. Se la depressione può essere associata perlopiù a cause biologiche infatti, lo stigma sociale nei confronti dei malati si riduce e aumenta la fiducia nelle cure mediche.