23 agenti della polizia penitenziaria sono stati sospesi dal servizio presso il carcere di Biella con l’accusa di “tortura di Stato”. Secondo quanto emerso dalle indagini che hanno portato al provvedimento, sarebbero colpevoli di aver commesso svariati atti di violenza nei confronti di tre detenuti, abusando della propria autorità. Il vice-comandante della struttura, anch’egli imputato, si trova agli arresti domiciliari dal 6 febbraio scorso. Non si tratta, purtroppo, di un episodio isolato in Italia: solo qualche settimana fa, cinque agenti sono stati condannati con le accuse di reato di tortura, falso e minaccia aggravata per le violenze commesse ai danni di un detenuto di origine tunisine all’interno del carcere di Sam Gimignano. Per loro è stato previsto il carcere. Le pene vanno dai 5 anni e 10 mesi a 6 anni e 6 mesi. 

Carcere Biella torture: sospesi dal servizio 23 agenti della polizia penitenziaria

Erano 28, in totale, gli agenti della polizia penitenziaria in servizio presso il carcere di Biella ad essere indagati per le violenze commesse nei confronti di alcuni detenuti. In 23, alla fine, sono stati sospesi. Tutto è iniziato il 3 agosto 2022, quando il vice-comandante pro tempore della struttura penitenziaria aveva redatto una “comunicazione di notiza di reato” nei confronti di un detenuto deferito in stato di libertà “per aver posto in essere atti di violenza e minaccia nei suoi confronti, nonché per oltraggio a pubblico ufficiale e danneggiamento aggravato”. 

Nella stessa notizia di reato, si dava atto, minimizzando la circostanza, della “necessità” di impiegare del nastro adesivo per contenere per un tempo minimo, pari a qualche minuto, il detenuto, nonostante lo stesso fosse già ammanettato, e ciò in esplicito contrasto con il divieto previsto dall’art. 41 della Legge sull’Ordinamento Penitenziario. Una circostanza sospetta, che aveva portato la Procura ad aprire delle indagini per capire cosa succedesse all’interno del carcere. Sarebbe così emerso che l’episodio in questione era solo l’ultimo di una serie di atti di violenza perpetrati ai danni del detenuto. Non solo: gli investigatori hanno anche scoperto che, oltre al vice-comandante, anche gli altri agenti indagati si erano macchiati delle stesse condotte, in almeno altre due occasioni. In alcuni casi, in particolare, i detenuti sarebbero stati “colpiti con calci, pugni e schiaffi mentre erano ammanettati e denudati”. 

Sarebbero tre le vittime accertate: due avevano deciso di non procedere penalmente nei confronti del Commissario per paura di subire delle ritorsioni. Una volta interrogati, i detenuti avrebbero poi rilasciato delle dichiarazioni accusatorie sugli agenti, confermando le loro condotte illecite. Fondamentali, per accertare le responsabilità degli imputati, anche i filmati delle videocamere di sorveglianza della struttura e i referti medici. Tra i reati contestati dai pm ci sarebbero: falso ideologico, abuso di autorità, lesioni e tortura di Stato.

La Procura: “Trattamento inumano e degradante nei confronti dei detenuti”

Un trattamento, quello nei confronti dei detenuti, che la Procura, in base alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, ha definito “inumano e degradante”. Inoltre, non si sarebbe trattato, secondo gli inquirenti, di episodi isolati, ma di un vero e proprio “metodo punitivo” messo in atto nel carcere in un “clima di generale sopraffazione creato e coltivato dal vice-commissario, con la complicità o la connivenza di altri agenti della polizia penitenziaria”, con metodi che “possono essere definiti crudeli, determinando nei detenuti una serie di sofferenze fisiche e di umiliazioni non necessarie”. L’ordinanza di misure cautelari interdittive emessa dal gip Valeria Rey, ed eseguita dai carabinieri del Nucleo investigativo di Biella, sarebbe arrivata ad un mese dall’arresto del vice-comandante della struttura, agli arresti domiciliari dal 6 febbraio scorso. La durata delle sospensioni varia in base al coinvolgimento di ciascuno degli agenti.