È un piano ben preciso, quello elaborato da Matteo Messina Denaro e rivelato alla sorella Rosalia, detta “Rosetta”, in un pizzino segreto inviatole pochi mesi prima del suo arresto a Palermo. Secondo quanto riportato dall’edizione palermitana di Repubblica, che parla del bigliettino rinvenuto a casa della donna, arrestata nelle scorse settimane per associazione mafiosa, il boss aveva intenzione di mettere fine alle sue sofferenze, forse suicidandosi, prima che fosse il suo tumore al colon a metterlo k.o. Dopo una vita trascorsa a dare ordini, programmando la morte di adulti e bambini, avrebbe voluto essere il mandante anche della sua.

Messina Denaro pizzino alla sorella: il piano del boss

“Non morirò di tumore, appena non ce la faccio più mi ucciderò a casa e mi troverai tu. Ti dirò quando arriverà il momento”. Sono queste le parole che Matteo Messina Denaro avrebbe rivolto alla più grande delle sue sorelle, Rosalia, detta “Rosetta”, in un pizzino rinvenuto a casa della donna dopo l’arresto di entrambi e datato maggio 2022. A riportarne il contenuto è l’edizione palermitata di Repubblica. Se non fosse stato catturato e avesse potuto continuare a vivere da latitante, il boss, quindi, avrebbe deciso come e quando morire. E sembra che avesse già pianificato tutto. Non voleva che ad ucciderlo fosse il tumore contro cui sta combattendo anche nel carcere dell’Aquila, dove è detenuto in regime di 41 bis dallo scorso gennaio; piuttosto, se le sue sofferenze fossero diventate insostenibili, si sarebbe ucciso.

Stando a quanto ricostruito finora dagli inquirenti, le cui indagini hanno permesso di risalire all’identità usata dal boss – che in giro si faceva chiamare Andrea Bonafede – proprio grazie alle visite da lui effettuate tramite il Servizio Sanitario Nazionale negli ultimi anni, le sue condizioni di salute si sarebbero aggravate nel 2020. Per questo, da allora, dopo un lungo girovagare si sarebbe stabilito a Campobello di Mazara, suo paese natale, nascondendosi grazie a una fitta rete di fiancheggiatori, su cui si cerca ora di fare luce. Nello stesso pizzino avrebbe scritto: “Ero tutto bagnato dal sudore, Diletta lavava i miei indumenti, li torceva ed uscivano gocce di acqua, ero senza parole”. “Diletta”, Lorena Ninfa Lancieri, arrestata negli scorsi giorni assieme al marito, Emanuele Bonafede, per mesi sarebbe stata per lui una sorta di “vivandiera” e, stando alle sue parole, l’avrebbe aiutato anche nei momenti più difficili della malattia. “Il bello nella mia vita è stato quello di incontrarti, come se il destino decidesse di farsi perdonare facendomi un regalo in grande stile. Quel regalo sei tu”, le scriveva lei.

“Ho capito, anche se già lo sapevo, che ho una forza di volontà stupefacente, invidiabile – proseguiva il boss nel biglietto, solo uno degli oltre mille trovati nell’abitazione di Rosalia Messina Denaro -. Non cammino col fisico, cammino con la forza di volontà. Io mi fermerò appena morirò, non prima”. E, poi, la frase in cui avrebbe espresso il suo ultimo volere. Pochi mesi dopo sarebbe stato catturato. Una svolta imprevista, che non si aspettava. A dimostrarlo, anche una conversazione che avrebbe avuto con una delle dottoresse che lo hanno visitato in carcere, una delle poche persone che hanno avuto contatti con lui da quando è recluso. “Da qualche giorno a questa parte tutta la Palermo bene ha le unghie ammucciate”, le avrebbe detto il padrino con un ghigno sul viso, lasciando intendere che, dopo la sua carcerazione, la Palermo che per tanti anni lo ha sostenuto – quella costituita da imprenditori, professionisti e rappresentanti delle istituzioni – se ne starebbe ora rintanata, vista la minore protezione da parte della criminalità organizzata e per paura di essere coinvolta nelle indagini. Secondo il boss, sarebbe stato tradito proprio da loro.