Donato Capece, Segretario Generale del Sappe, ha concluso questa mattina la sua visita agli istituti penitenziari di Sassari e Nuoro. Con questi incontri Capece ha voluto esprimere la vicinanza del sindacato agli agenti dei due istituti mettendo in luce le gravi criticità che ostacolano l’azione della polizia penitenziaria e la espongono a gravi rischi per la sicurezza. Proprio nel carcere di Nuoro si è verificata, il 25 febbraio, la clamorosa evasione di Marco Raduano, boss della mafia garganica detenuto in regime di Alta sicurezza.

Donato Capece (Sappe): “Per superare le criticità nelle carceri chiediamo uomini e tecnologia”

In questa intervista esclusiva rilasciata a TAG24 Donato Capece denuncia le allarmanti criticità riscontrate durante le visite alle carceri di Nuoro e di Sassari.

Lei oggi si è recato in visita alle carceri di Nuoro e Sassari. Quali problemi di sicurezza ha riscontrato nei due istituti?

Ho voluto portare ai colleghi che stanno attraversando un momento di criticità particolare la solidarietà e la vicinanza del Sappe, il primo sindacato dei poliziotti penitenziari. Mi sono recato sia all’istituto di Sassari che in quello di Nuoro. Quest’ultimo, in particolare, era ed è per noi il simbolo della sicurezza delle carceri del nostro Paese. Nella visita di oggi ho però riscontrato diverse criticità, innanzitutto relative alla struttura, oramai vecchia e desueta. L’altro grande problema è la carenza di organico professionale, e soprattutto di personale giovane in grado di acquisire la professionalità dei colleghi più anziani nel garantire la sicurezza dell’istituto.

Il più grande problema è però relativo alla mancanza di un direttore, di un comandante fisso. Si tratta di una criticità che accomuna tutti gli istituti carcerari sardi. Nonostante vi sia stata una risposta in termini di sicurezza per il personale – agenti e assistenti – in Sardegna mancano i quadri della polizia penitenziaria, mancano i direttori, gli ispettori e i sovraintendenti. Mancano, dunque, tutte le figure fondamentali per il coordinamento dell’attività di sicurezza. Denuncerò queste gravi assenze al Capo dipartimento e al Direttore generale pretendendo risposte chiare perché il personale non può essere lasciato allo sbando. Con queste condizioni la sicurezza che i cittadini invocano e che fa parte del nostro mandato istituzionale è messa in seria discussione.

L’assenza di personale ai vertici è un problema diffuso anche in altre carceri di Italia?

In alcune regioni come la Sardegna la carenza di direttori e di comandanti è più evidente. In questa regione ci sono sedi disagiate e sicuramente nessuno auspica la presa di servizio qui. Ecco perché l’amministrazione deve attrezzarsi per trasferire d’ufficio queste figure essenziali. La creazione di catene di comando è fondamentale: agenti, sovraintendenti, ispettori, dirigenti di polizia penitenziaria e infine i direttori di istituto che coordinano i reparti. Ogni settore ha infatti il suo direttore – area trattamentale, area sanitaria, area sicurezza – ma poi manca il coordinatore in grado di dare input e stabilire la continuità nel perseguimento degli obiettivi.

Perché queste figure non vengono assegnate?

Purtroppo si tratta di sedi disagiate ed è difficile che l’amministrazione riesca a individuare attraverso interpello persone interessate a prestare servizio in questi istituti. Ecco perché si deve provvedere ad assegnarli di ufficio con una durata di incarico di minimo tre anni così come stabilito con il contratto e con gli accordi sindacali.

Donato Capece, Lei e il Sappe denunciate da tempo il rischio di sicurezza degli agenti. Crede che il problema riceva la giusta attenzione?

Io penso sia importante apprezzare il lavoro che fanno i nostri poliziotti in Italia e in Sardegna. Si tratta di agenti – uomini e donne – il cui alto senso di orgoglio e di appartenenza è insito nell’uniforme che indossano. Come categoria non possiamo però continuare a offrire solo la nostra abnegazione e il nostro sacrificio per il raggiungimento degli obiettivi istituzionali. Abbiamo bisogno di organizzazione e di vertici che si assumano la responsabilità decisionale delle questioni che sono fondamentali per la sicurezza dell’istituto.

Quali sono le sue richieste alle istituzioni?

La polizia penitenziaria si impegna tutti i giorni per garantire, nonostante la carenza di organico, i livelli minimi di sicurezza. Noi chiediamo uomini e tecnologia per supportare il raggiungimento degli obiettivi strategici della Costituzione italiana. Sto facendo riferimento all’articolo 27 della nostra Carta costituzionale, il quale sancisce il principio della rieducazione del condannato e del reinserimento nella società dei soggetti che hanno commesso reati. La polizia penitenziaria c’è e ci sarà sempre nonostante le grandi difficoltà.

Non chiediamo uomini extra, ma il personale che manca oggi nell’organico. Per quanto riguarda la tecnologia chiediamo taser, sistemi anti droni e tutta la strumentazione necessaria per vincere la violenza dei detenuti in carcere.