Lo studio prende in considerazione delle importanti novità rispetto ai precedenti e può indirizzare verso nuovi trattamenti per le persone affette dalla malattia nel futuro. Da valutare ancora alcuni benefici.

Nuovo modello genetico per le persone con sindrome down

Un nuovo modello animale per studiare la sindrome di Down è stato sviluppato dagli scienziati del National Institutes of Health, dell’Eunice Kennedy Shriver National Institute of Child Health and Human Development, dell’Università di Strasburgo e del National Human Genome Research Institute (Nhgri) Center for Precision Health Research. Il team di ricerca ha pubblicato un articolo a riguardo sulla rivista Biological Psychiatry. Il team di ricerca è guidato da Diana W. Bianchi ed ha utilizzato un modello murino ingegnerizzato con tratti cognitivi più lievi rispetto ai topolini esaminati prima. Risultati che a detta degli esperti favorirebbero lo sviluppo di trattamenti mirati per migliorare la cognizione delle persone affette da questa malattia.  Il modello-chiamato Ts66Yah-presentava difficoltà di memoria e tratti comportamentali con sintomi meno gravi rispetto agli esperimenti condotti in precedenza. I bambini che nascono con la sindrome di Down presentano una copia supplementare del XXI cromosoma, che comporta la presenza aggiuntiva di oltre duecento geni codificanti proteine.

Un modello utile per futuri trattamenti

Il modello precedente era stato impiegato negli studi preclinici per quasi trent’anni anni ed era considerato standard per la ricerca sulla sindrome di Down mentre il nuovo approccio ha utilizzato la tecnologia di manipolazione genetica Crispr per ottimizzare la genetica del prototipo.
Faycal Guedj, del Center for Precision Health Research, ha precisato che il modello Ts65Dn mostrava tratti non rilevanti per il XXI cromosoma umano mentre il nuovo modello migliorato potrebbe aiutare nello sviluppo di trattamenti più precisi per migliorare la cognizione nelle persone con sindrome di Down. “La possibilità di trattare le disabilità intellettive nel contesto della sindrome di Down – commenta Christopher R. Donohue, del Nhgri– potrebbe alterare la concezione stessa della natura della disabilità”. Saranno comunque necessari ulteriori approfondimenti in diversi ambiti secondo Donohue “non ultima l’etica della disabilità, attraverso la quale valutare i benefici di un possibile approccio a fronte degli svantaggi”.