Maltrattamenti sia fisici che psicologici nei confronti degli anziani ospiti di una casa di riposo: è l’accusa a carico di quattro operatori socio-sanitari, arrestati a San Donà di Piave, in provincia di Venezia. Due di loro si trovano in carcere, mentre gli altri sono agli arresti domiciliari. L’indagine a loro carico riguarda il reato di concorso in maltrattamenti aggravati ai danni degli anziani.

L’Rsa in questione è una vecchia conoscenza delle forze dell’ordine: già lo scorso 25 novembre 2022 i carabinieri avevano eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. L’indagato di allora, anch’egli Oss nella stessa struttura, era il presunto responsabile di una serie di atti di violenza sessuale aggravata e continuata.

Le indagini dei militari erano partite ad ottobre 2022: a destare i primi sospetti era stata una segnalazione effettuata dalla nuova direzione della struttura, oltre ai reclami da parte di alcuni parenti degli anziani ospiti. Ben nove i dipendenti della struttura coinvolti a vario titolo nella macro indagine.

Maltrattamenti nella casa di riposo a Venezia, arrestato un’operatore di un’altra Rsa: diffondeva materiale privato sui social network

Sempre a San Donà di Piave si era verificato un altro vergognoso episodio che aveva portato all’arresto, lo scorso 4 marzo, di un operatore socio-sanitario di 30 anni, in servizio in una casa di riposo locale. Il professionista è il responsabile di aver diffuso foto dei pazienti anziani della struttura mentre dormivano o erano incoscienti. Gli scatti venivano pubblicati sui social network, da Instagram a WhatsApp, dove l’Oss diffondeva i contenuti su una chat denominata “Sballati on the road”.

Le immagini in questione ritraevano diciassette diversi pazienti, alcuni dei quali ormai deceduti. Il 30enne ha patteggiato un anno di reclusione: per il pm le immagini e i video erano “attinenti alla vita privata degli anziani e di malati terminali”. Le vittime erano state immortalate “mentre erano allettate, in abbigliamento da notte o seminudi e, in alcuni casi, incoscienti o semincoscienti”.

Gli episodi in questione riguarderebbero un periodo di quasi due anni, tra il 2020 e metà del 2021. Decisiva nella scoperta la testimonianza di un amico dell’operatore socio-sanitario, che ha deciso di denunciare la condotta dell’uomo una volta accortosi delle immagini conservate nella memoria dello smartphone di quest’ultimo.

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