È stato conferito oggi l’incarico per l’autopsia sul corpo di Alessandro Gozzoli, il 40enne trovato morto nel suo letto, con mani e piedi legati, a Casinalbo di Formigine, in provincia di Modena. In un primo momento gli inquirenti avevano ipotizzato che la causa del decesso fosse da rimandare a un gioco erotico finito male; stando ai rilievi effettuati nell’abitazione, però, starebbero ora pensando anche a un caso di omicidio. È quasi certo che la vittima abbia aperto la porta di casa a colui o colei che l’avrebbe poi uccisa.

Formigine uomo morto trovato legato nel letto: si indaga per omicidio

Chi era con lui la sera del delitto? E perché lo avrebbe legato e poi ucciso? Sono queste le domande a cui gli investigatori cercano di rispondere in relazione alla morte di Alessandro Gozzoli, il 40enne trovato legato nel letto a Casinalbo di Formigine, in provincia di Modena, lo scorso 10 marzo. Sembra vacillare, infatti, l’ipotesi di un gioco erotico finito male: secondo alcune indiscrezioni, l’abitazione dell’uomo, originario di Bazzano, in provincia di Bologna, sarebbe stata trovata a soqquadro al momento del ritrovamento del corpo. Inoltre, la sua auto sarebbe scomparsa nel nulla. Elementi che avrebbero portato gli inquirenti ad ipotizzare che possa anche essersi trattato di un omicidio. Ma i punti oscuri sulla vicenda restano molti. Per cercare di fare luce su quanto accaduto si attendono gli esiti dell’esame autoptico che sarà effettuato sul corpo nei prossimi giorni. Quest’ultimo servirà a chiarire le cause della morte di Alessandro. Per quanto riguarda il killer e il movente, invece, nessuna ipotesi: stando alle testimonianze, l’uomo, consulente del lavoro di professione, era stimato e benvoluto da tutti. Per capire con chi fosse in contatto e se avesse appuntamento con qualcuno proprio la sera del delitto, gli inquirenti starebbero passando al setaccio i tabulati telefonici e le chat di un’app di incontri installata sul suo cellulare. Quel che è certo è che la vittima avrebbe aperto volontariamente la porta di casa a colei o colui che poi l’avrebbe uccisa.

L’autopsia non ha sciolto il giallo dell’oculista aretino morto nel Bolognese

Si continua ad indagare, intanto, sulla morte di Paolo Borri, l’oculista aretino di 66 anni trovato morto il 25 febbraio nel giardino condominiale di uno stabile di Bologna. Secondo quanto emerso finora, un’anomalia dell’arma rinvenuta accanto al corpo avrebbe portato gli inquirenti ad ipotizzare il coinvolgimento di terzi, escludendo un caso di suicidio. I rilievi effettuati sulla Glock, regolarmente detenuta dalla vittima, avrebbero infatti dimostrato che al suo interno, al momento dello sparo, c’era un solo colpo, quello appunto che avrebbe ucciso il 66enne: ecco perché il cane dell’arma avrebbe dovuto restare aperto. Invece è stato ritrovato chiuso. Dubbi che, stando agli ultimi sviluppi, non sarebbero stati sciolti neanche dai risultati dell’esame autoptico effettuato sul corpo. Secondo il medico legale, Borri sarebbe morto a seguito di un singolo colpo d’arma da fuoco entrato frontalmente dal viso e uscito dalla nuca, con una traiettoria molto simile a quella già ipotizzata dagli inquirenti. Non è chiaro se possa essersi trattato di un gesto intenzionale o commesso da altri, come ipotizzano anche i familiari. Il Procuratore che si sta occupando del caso, Antonello Gustapane, è però intenzionato a vederci chiaro e già da una settimana ha aperto un fascicolo d’indagine per omicidio contro ignoti. Era in programma per oggi, invece, il tampone dello stub, che servirà a capire se sulle mani di Borri ci sia o meno traccia di polvere da sparo e quindi a escludere o confermare che possa essere stato lui a sparare. Gli esiti dovrebbero essere resi noti nell’arco di una settimana.