Gli stipendi degli italiani sono i più bassi del G20: a dirlo è il report dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) nel Rapporto mondiale sui salari 2022/23 ‘L’impatto dell’inflazione e del Covid-19 sui salari e sul potere d’acquisto’ secondo il quale dal 2008 i salari degli italiani sono scesi addirittura del 12%.

Gli italiani costretti a tirare la cinghia

Gli stipendi degli italiani sembrerebbero essere tra i più bassi d’Europa e ancora una volta a rimetterci è la gente comune, lavoratrice, costretta a dover tirare la cinghia per far fronte alle ingenti spese quotidiane che invece per colpa dell’inflazione tendono ad aumentare sempre più. Secondo il recente report stilato dall’Organizzazione internazionale del lavoro, Italia, Giappone e Regno Unito sono le sole economie avanzate del G20 in cui i salari reali hanno registrato livelli inferiori nel 2022 rispetto al 2008. Rispettivamente: il 12% in meno in Italia, il 2% in Giappone e il 4% nel Regno Unito. Mentre l’Australia e la Repubblica della Corea mostrano una crescita dei salari reali in forte aumento nel periodo 2008-2022.

Quanto pesa l’inflazione sulle tasche degli italiani

E’ uscito poche ore fa il report Istat relativo a gennaio 2023 inerente all’indice nazionale dei prezzi al consumo secondo cui, per l’intera collettività, al lordo dei tabacchi, si registra un aumento dello 0,1% su base mensile e del 10,0% su base annua, dal +11,6% nel mese precedente. La stima preliminare era +10,1%. A cosa è dovuta la flessione sul tasso di inflazione? Secondo quanto rileva l’Istituto di statistica, si deve principalmente, al forte rallentamento su base tendenziale dei prezzi dei beni energetici regolamentati (passati dal 70,2% a -12,0%) e, in misura minore, di quelli degli energetici non regolamentati (da +63,3% a +59,3%), degli alimentari non lavorati (da +9,5% a +8,0%) e dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +6,2% a +5,5%); gli effetti di tali andamenti sono stati solo in parte controbilanciati dall’accelerazione dei prezzi dei beni durevoli (da +6,4% a +6,8%), dei Beni non durevoli (da +6,1% a +6,7%) e dei servizi relativi all’abitazione (da +2,1% a +3,2%). L’inflazione acquisita per il 2023 è pari a +5,2% per l’indice generale e a +3,2% per la componente di fondo. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) diminuisce dell’1,5% su base mensile, a causa dell’avvio dei saldi invernali dell’abbigliamento e calzature di cui l’indice Nic non tiene conto, e aumenta del 10,7% su base annua (in rallentamento da +12,3% di dicembre) contro una stima preliminare del +10,9%. L’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (Foi), al netto dei tabacchi, registra un aumento dello 0,1% su base mensile e del 9,8% su base annua.

(dati da Il Sole24ore).