Cambio sesso: quella della transizione è una pratica sempre più diffusa tra i giovani che non accettano il proprio corpo. Secondo recenti indagini, in cinque anni quindi dal 2018, al San Camillo di Roma le richieste per effettuare questa operazione sono aumentate del 470%.

Che cos’è la transizione o il transgenderismo

Cambio sesso ovvero transizione: questo è il termine utilizzato anche per definire la pratica del transgenderismo ovvero la pratica che serve a una persona che non si trova bene nel suo corpo di nascita, per arrivare a diventare un uomo o una donna, cioè del sesso opposto al proprio. Si tratta di una vera e propria operazione invasiva che richiede un’adeguata preparazione anche psicologica ma negli ultimi anni ha sempre preso più piede soprattutto tra i giovanissimi che sono nati in un corpo che non sentono proprio. Questo processo non è da confondere in nessun modo col crossdressing, in quanto quest’ultimo riguarda un’attività ludica improntata sull’espressione di genere, mentre la transizione si basa sull’identità di genere.

Boom al San Camillo di Roma

Negli ultimi anni, vuoi anche per una maggiore sensibilizzazione e apertura alla tematica, si è potuto notare un boom di pratiche al San Camillo di Roma. Se nel 2018, i teenager che avevano fatto accesso al reparto erano stati 20, nel 2022 sono stati 114. Rispetto alla provenienza, la percentuale più alta arriva dal Lazio ma sono in molti a provenire dalle altre Regioni: seguono Abruzzo 3,7%; Marche e Umbria 3,1%; Puglia e Campania 2,6%; Sicilia 1,6%; Sardegna e Calabria 1%; Lombardia e Molise 0,5% e in tre sono addirittura arrivati da Londra 1,6%.

La legge sul cambio sesso

l’Italia si è dotata della prima legge per il cambio sesso ben quarant’anni fa e inizialmente prevedeva l’obbligatorietà dell’intervento chirurgico: la legge 164 del 1982 infatti stabiliva che occorreva seguire due procedure in Tribunale. Prima di tutto era necessario ottenere l’autorizzazione all’intervento chirurgico di “riassegnazione di genere” e solo dopo l’intervento, si necessitava di una nuova autorizzazione per cambiare sesso e nome anche sui documenti. Quando la legge veniva approvata, si continuava comunque ad avere un “approccio medico” alla disforia di genere, senza prendere in considerazione l’identità personale che prescinde dall’aspetto fisico. Soltanto nel 2011 con un nuovo intervento legislativo, il d.lgs 150, si è arrivati ad introdurre l’articolo 31 che prevede che l’intervento chirurgico possa essere autorizzato da un Tribunale per adeguare i caratteri sessuali “quando risulta necessario”. Non è più richiesto, in altre parole, che sia già avvenuta l’operazione chirurgica per chiedere il cambiamento di sesso anche se tuttavia, necessaria l’autorizzazione del tribunale per eseguire l’intervento chirurgico. Si è dovuti arrivare al 2015 per alleggerire un po’ la burocrazia, quando sul tema si sono espresse la Consulta e la Cassazione. La Corte Costituzionale infatti, con la sentenza numero 221, decise che l’intervento chirurgico per il cambio sesso è eventuale e non necessario in un processo di transizione: con la sentenza 15138, si è arrivato a stabilire definitivamente che l’operazione chirurgica deve essere intesa come un mezzo per raggiungere il benessere psicofisico e quindi per tutelare il diritto alla salute.