Gli italiani in fase di acquisto tendono a scegliere capi che hanno dietro di loro una filiera produttiva attenta alla sostenibilità ambientale. Lo rivela una nuova ricerca di NielsenIQ commissionata da Pulsee, brand digitale e green di luce e gas di Axpo Italia. Nonostante le criticità degli ultimi tempi, lo shopping continua a essere considerato un’attività di svago e divertimento. Per oltre l’81% degli intervistati fare acquisti è positivo e, per il 50%, persino piacevole.

Vestiti green, tutto quello che c’è da sapere

Secondo l’indagine 8 italiani su 10 ritengono che l’acquisto di capi di moda green sia una priorità. Infatti, l’83% dichiara di indossare il più possibile i vestiti già presenti nel proprio armadio. In caso di acquisto, invece, il 68% dichiara di comprare capi d’abbigliamento sostenibili, mentre più dell’81% è attivo per dare una seconda vita agli abiti che non utilizza più. L’attenzione al rapporto tra il fashion e la produzione sostenibile non interessa soltanto la sfera delle preferenze individuali per lo shopping, ma favorisce anche la diffusione di un vero e proprio attivismo green: un italiano su quattro ritiene di essere molto informato sull’impatto ambientale associato all’industria della moda e il 63% desidera informare gli altri sul problema dell’inquinamento legato al settore. Nel dettaglio, tra i principali requisiti di sostenibilità per un capo d’abbigliamento, figurano: processi produttivi che rispettano standard ambientali (53,5% degli intervistati), selezione di materiali naturali/organici (45,5%), garanzia di condizioni dignitose per i lavoratori che intervengono nel processo di produzione (44,5%, con un picco del 57,6% nella fascia 18-25 anni), resistenza e robustezza costruttiva (39%). Nella valutazione risulta molto importante l’applicazione dei principi di economia circolare, quindi l’utilizzo di materiale proveniente da scarti (26,5%). Inoltre, in fase di acquisto, la preferenza è data principalmente a t-shirt e magliette “green” (46,9%), maglioni e felpe (31,1%), intimo e pigiami (24,6%).

Lo studio mette in luce però, anche alcuni limiti legati all’acquisto dell’abbigliamento sostenibile: per il 34,9% del campione, il prezzo elevato costituisce una barriera d’accesso insieme alla difficoltà di individuare punti vendita dove poter acquistare. Ad ogni modo, esiste un’alternativa vantaggiosa per l’ambiente: il mercato dell’usato e del vintage. In quest’ambito si compra tramite siti specializzati (39,4% degli intervistati), ma anche presso le bancarelle dei mercati rionali (34,6%) e nei negozi (30,3%). Infatti, il mercato “second hand” dell’abbigliamento piace, soprattutto ai genitori. Il 42,6% compra vestiti usati per i propri figli, mentre l’86,3% afferma di aver recuperato abbigliamenti e accessori regalati da parenti e amici che hanno bambini più grandi. A questa pratica si aggiunge lo “swapping”, ovvero lo scambio di vestiti con altre persone, che resta però un fenomeno circoscritto: soltanto il 15,8% del campione vi ricorre frequentemente attraverso una cerchia di contatti intimi, come la famiglia o gli amici.

Claudia Mosticone