La disaffezione verso le urne probabilmente è connessa al nostro modello di democrazia. Perché il nostro modello nasce con l’idea delle ideologie e dei partiti. Quindi ciascuno di noi era comunista, democristiano, socialista e votava per appartenenza. Persa l’appartenenza politica è subentrata una certa indifferenza”, così il prof. Alfonso Celotto, docente di diritto costituzionale, durante lo speciale sulle elezioni regionali condotto da Gianluca Fabi e Aurora Vena.

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Elezioni regionali, vince l’astensione: l’analisi di Alfonso Celotto.

Un picco di astensione che mai si era visto così alto. E che ora preoccupa i partiti, al di là di ogni vittoria e sconfitta. Il giorno dopo le elezioni Regionali in Lazio e Lombardia si cerca di fare un’analisi dei risultati.

“Sono circa trent’anni che l’affluenza alle urne è scesa in maniera consistente, spiega Celotto. Fino al 94 si era superato l’85% poi da lì è cominciata un’emorragia. Nel senso che sono sempre andati scendendo per arrivare al 63% delle ultime politiche. Alle elezioni locali si è scesi sotto il 50% come dimostra il caso del sindaco di Roma e di Milano ed è lo stesso dato che adesso riscontriamo in Lazio e Lombardia. Venire meno al dovere civico del voto significa venire meno alla partecipazione. Con una banalissima metafora è come andare a cena una tavolata di amici, non ordinare e fare ordinare agli altri. Così però io mangio quello che dicono gli altri”.

Secondo il costituzionalista di Roma Tre l’astensionismo delle regionali è anche più preoccupante rispetto al dato delle nazionali.

Nelle regionali la capacità di scelte è immediata, dice il professore. Abbiamo la scelta diretta del presidente della Regione, abbiamo le preferenze per quel che riguarda i consiglieri quindi questo è un sistema elettorale che dovrebbe favorire la partecipazione per cui il fenomeno è ancora più grave. Mentre nella legge elettorale nazionale io non mi sento libero di scegliere con il sistema delle liste bloccata, il sistema regionale è una forma di presidenzialismo. Eppure le persone non vanno a votare. È una causa profonda e connessa alla nostra democrazia di oggi che passa attraverso il mondo della comunicazione del digitale, dove noi ci sentiamo poco partecipati rispetto alla scelta politica”.

La consapevolezza dei cittadini di poter vivere di una stabile situazione di benessere allontana l’elettore dalle urne.

“La nostra democrazia è un modello che nasce dalle rivoluzioni francese e americana e dal modello ottocentesco. Quel modello, che si reggeva sui partiti e che nasceva senza mezzi di comunicazione di massa salvo la stampa, ha retto bene fino agli anni ottanta-novanta. Siamo in post-democrazia dove c’è una certa indifferenza e anche una certa assuefazione e accomodamento di noi cittadini che in fondo non abbiamo più questa lotta verso la politica, perché ormai abbiamo buone condizioni di lavoro e quindi interessa meno andare a votare”, ha concluso il prof. Celotto.