Svezia Nato Turchia, occhio che l’incrocio comincia ad essere pesante, soprattutto per gli svedesi. E’ un momento delicato. Il vertice tra rappresentanti di Turchia, Svezia e Finlandia previsto a febbraio è stato rinviato su richiesta di Ankara.

Si tratta dell’ulteriore conferma che il processo di adesione della Svezia verso la Nato si è complicato in una maniera che al momento pare irreversibile, dopo che una copia del Corano è stata bruciata dinanzi l’ambasciata turca a Stoccolma da Rasmus Paluden, politico danese con cittadinanza svedese, leader del partito di estrema destra Stram Kurs (Linea dura ndr).

E dalla Turchia quel tipo di gesto così eclatante non è stato accettato. E, naturalmente, ci mancherebbe altro, soprattutto considerato i principi su cui si basa la Nato.

Svezia Nato Turchia. L’ira di Erdogan

Chi non rispetta i valori sacri non si attenda il nostro sostegno per entrare nella Nato“, aveva tuonato appena ieri sera il presidente turco Recep Tayyip Erdogan.

Ultima di una serie di reazioni compatte contro il governo di Stoccolma, reo di aver autorizzato il rogo del libro sacro e per questo finito nel mirino delle critiche che in Turchia hanno per una volta unito maggioranza e opposizione.

Subito dopo la manifestazione la visita del ministro della Difesa svedese era stata annullata. All’annuncio del permesso ottenuto da Paluden per compiere l’azione dinanzi l’ambasciata turca era scattata la convocazione per l’ambasciatore svedese in Turchia, cui Ankara ha chiesto di intervenire per bloccare Paluden.

Il blocco di Ankara al ministro svedese

Per il capo della delegazione diplomatica svedese in Turchia si è trattato della seconda convocazione in una settimana. I rapporti tra Svezia e Turchia si erano infatti incrinati già dopo che lo scorso 11 gennaio nella capitale svedese è andata in scena una manifestazione a favore dei separatisti curdi del Pkk.

Esattamente quel tipo di manifestazione che Ankara chiede di vietare. A peggiorare il quadro, oltre alle bandiere del Pkk, un manichino di Erdogan appeso a testa in giù.

Una situazione già precaria, su cui il rogo del Corano ha finito per pesare ulteriormente, al punto di spegnere le ultime residue speranze che Erdogan ora tolga il veto all’allargamento.

A mettere una pezza ci hanno provato gli Stati Uniti. Durante la visita della scorsa settimana a Washington il segretario di stato Anthony Blinken ha promesso al ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu che gli Usa avrebbero accelerato sulla fornitura di jet da guerra F16 alla Turchia in cambio del semaforo verde nella Nato a Stoccolma.