Si torna a parlare di pensioni, con una riforma strutturale del sistema pensionistico che ormai appare irrinunciabile. E si torna a parlare di Opzione Donna. Una possibilità per le lavoratrici di lasciare il mondo del lavoro in maniera più agevole. Ma che è finita nella bufera a causa delle scelte dell’esecutivo di Giorgia Meloni.

Come cambia Opzione Donna 2023

Il governo di centrodestra infatti, alle prese con le difficili battaglie che hanno occupato il Parlamento intero fino agli ultimi giorni dello scorso anno (fra dl Rave e manovra) ha deciso di rinviare la riforma del sistema pensionistico e rimandare il tutto, prorogando -sì- Opzione Donna, ma imponendo per il 2023 limiti più stringenti: possono infatti utilizzare la via di uscita (uscita anticipata ma pensione ricalcolata con il metodo contributivo, con una penalizzazione tra il 20 e il 25 per cento) le donne dipendenti e autonome con almeno 58 anni (se con due figli), 59 (se con un figlio) e 60 (senza figli) purché abbiano almeno 35 anni di contributi e rientrino in una delle seguenti categorie: invalide, caregiver, disoccupate. Scatenando diverse proteste: diverse lavoratrici si sono radunate sotto il ministero del Lavoro al grido di “flessibilità per le donne”, “avete promesso, dovete mantenere”, ripristinare un diritto scippato”. Ai microfoni di Radio Cusano Campus, nella trasmissione L’Italia s’è desta con Emanuela Valente e Gianluca Fabi, la Fondatrice e Amministratrice del Comitato Opzione Donna (CODS) Orietta Armiliato si è scagliata contro le modifiche dell’esecutivo:

Quest’anno ci si aspettava ulteriormente una proroga, come è stato fino ad adesso. Il governo ha disatteso questa aspettativa e ha deciso di stravolgere, pur pubblicizzandola come una proroga, una misura che nulla ha più a che vedere con Opzione Donna. Ma proprio nei contenuti. Non si è mai sentito il requisito di avere figli per andare in pensione.

La ministra Calderone promette modifiche

La ministra del Lavoro, Marina Calderone, lasciando il tavolo sulle pensioni in corso con le parti sociali al dicastero di via Flavia, aveva garantito che sul tavolo del Consiglio dei ministri di ieri, la revisione di opzione donna sarebbe stata all’ordine del giorno. Per questo, l’esecutivo potrebbe intervenire su due possibilità: la prima correzione potrebbe riguardare le condizioni relative all’appartenenza a determinati ambiti, per renderla generalizzata. La seconda, ma più complicata, l’eliminazione del vincolo dei figli ed equiparare l’età per tutte a 60 anni. Complicata, ma che permetterebbe di ottenere coperture sufficienti per rifinanziare il provvedimento.