Giorgia Meloni inizia a dover fare i conti con le differenze che intercorrono tra stare all’opposizione e guidare lo stato. Da una parte ci si può vellicare sulla bontà della coerenza politica e comunicativa, dall’altra bisogna talvolta pagare il dazio del compromesso in nome di “quel che è giusto si faccia”. Un passaggio di realpolitik che ha prima messo il governo nelle condizioni di provvedere al taglio delle accise che in campagna elettorale – checché ne dica ora il Premier – era stato promesso non sarebbe avvenuto, ed ora lo vede costretto a procedere alla ratifica del Mes. Le condizioni affinché ciò avvenga appaiono mature e, addirittura, inevitabili.

Ratifica Mes: ci siamo

Per mesi Giorgia Meloni ha provato ad intervenire affinché il Mes – anche conosciuto come fondo salva stati – potesse essere ulteriormente modificato. Ma non ci sono margini: al vertice dell’Eurogruppo che si terrà oggi si discuterà della riforma in essere e, con ogni probabilità, verrà approvata così com’è senza altre modifiche. Il governo italiano, a questo punto, è alle strette. Il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti – che oggi parteciperà all’Eurogruppo – dovrà tranquilizzare i partner europei e far capire loro che l’Italia non si tirerà indietro. Meloni dovrà accettare obtorto collo. Idem la Lega che, proprio con Fratelli d’Italia, è sempre stato il partito più convintamente contrario a questo strumento di finanza comune. Claudio Borghi, su Twitter, ha nelle scorse ore fatto presente il suo malcontento.

Se tutto dovesse procedere come sembra oggi potrebbe arrivare il placet italiano. A quel punto, per passare all’effettiva ratifica del Mes, l’esecutivo potrebbe scrivere un Ddl (Disegno di Legge) che dovrà poi subire il naturale iter parlamentare. Potrebbe trascorrere, quindi, almeno un altro mese.

La fiducia di Gentiloni

Nel frattempo è intervenuto il Commissario Europeo all’Economia Paolo Gentiloni. Al suo arrivo alla riunione dell’Eurogruppo ha fatto filtrare ottimismo circa la decisione dell’Italia. Così scrive l’AGI:

La decisione (di ratifica del Mes) spetta al governo italiano e vedremo in che termini e in che tempi verrà presa. Due cose sono sicure: la prima è che l’Italia è stata tra i Paesi che circa due anni fa hanno deciso questo emendamento allo statuto del Mes e la seconda è che questo emendamento è utile, quindi una volta che tutti i Paesi l’avranno ratificato, e sono fiducioso che tutti i Paesi lo faranno, darà strumenti ulteriori al Mes per affrontare le attuali crisi.

Gentiloni, poi, specifica la differnza tra ratifica ed utilizzo. Ratificare il Mes non obbliga l’Italia a farne uso e, evidentemente, l’auspicio è che non debba mai rivelarsi necessario poiché trattasi di uno strumento emergenziale. Le sue parole:

La ratifica di un emendamento allo statuto di uno strumento comune”, come la riforma del Mes, “è utile in sé, per l’esistenza in vita di questo strumento e perché lo statuto sia emendato. Poi ciascun Paese può decidere se utilizzare o non utilizzare alcune servizi che il Mes mette a disposizione, ma questa è una cosa completamente diversa. Il problema di cui si parla oggi è la ratifica anche da parte dell’Italia di uno statuto rivisto che serve all’insieme dei Paesi a prescindere da chi lo utilizzerà.