La moglie dell’ex ministro Renato Brunetta condannata per un tweet: “Ho le foto di Delrio coi mafiosi”, scriveva nel post il 7 aprile 2016, con la foto che ritraeva con l’allora ministro delle Infrastrutture accanto al premier Matteo Renzi e i ministri Luca Lotti e Maria Elena Boschi. Tommasa Ottaviani Giovannoni, moglie dell’ex ministro della PA, pubblicò quel post sotto false generalità. Per quel cinguettio, la consorte dell’economista è stata condannata dal Tribunale civile di Firenze per diffamazione aggravata a risarcire il senatore Renzi con una somma di 20mila euro. Il leader di Italia Viva chiedeva mezzo milione di euro di danni. Lo scrive il quotidiana Il Tirreno.

La moglie di Brunetta condannata a pagare 20 mila euro per un tweet del 2016: la vicenda

Il post fu pubblicato sull’account twitter di Beatrice Di Maio, nome di fantasia ma che, dato il cognome, ingenerò illazioni sulla responsabilità. Poi la scoperta che l’autrice era Tommasa Ottaviani Giovannoni. Per il tribunale la foto che ritrae il leder di Italia Viva “assume un carattere di gratuito svilimento della sua onorabilità di fronte all’opinione pubblica, con una forma espressiva incontinente”. Aver collegato la denominazione “mafioso”, secondo il giudice Susanna Zanda,  ai tre politici nelle foto, “tra cui quella che riguarda l’attuale senatore Renzi, senza che sussistesse alcun elemento fattuale che potesse giustificarlo, rende fondata la domanda risarcitoria, per difetto dell’elemento della verità e della continenza”.  Quel post, per il tribunale, si traduce “in offesa gratuita che esula sia dalla critica politica, sia dalla satira politica che, come dice la stessa convenuta, presuppone un fatto vero che venga poi deformato”. La paternità di quel tweet per mesi rimase misteriosa anche perché, si è detto, l’account era attribuito a un nome di fantasia, Beatrice Di Maio che, visto il cognome, ingenerò pure una presunta responsabilità grillina nel ventilatore mediatico sparato sui social, tanto da provocare un’interrogazione parlamentare del Pd. Alla fine, fu la stessa autrice del tweet a svelare, nel corso di un’intervista, la propria identità dando sostanza alla querelle politica diventata poi querela. All’epoca Palazzo Chigi agì contro l’account Twitter satirico pro M5s che porta il nome di Beatrice Di Maio (@BeatricedimaDi). L’allora sottosegretario Luca Lotti, aveva presentato denuncia alla Procura di Firenze contro l’utente che ha all’attivo 14mila follower e circa 5mila tweet. Sotto accusa in particolare alcuni post contro il Pd e il governo che risalivano a quando venne diffusa la notizia dell’inchiesta lucana sul petrolio che portarono anche alle dimissioni della ministra allo Sviluppo economico Federica Guidi. Sull’argomento il Pd aveva presentato due interrogazioni in Parlamento: “Esiste una struttura”, riportava il comunicato, “che lavora nel web con il compito di diffamare con notizie false il Pd e le istituzioni della Repubblica? Se vero, da chi è controllata e in che modo è organizzata? Di questa preoccupante ipotesi di una macchina del fango costruita ad arte a favore del M5s ne sanno qualcosa Luigi Di Maio, Beppe Grillo, Davide Casaleggio, Alessandro Di Battista?”.  Movimento Cinque Stelle rispose alle accuse attraverso il blog: “Per i nuovi complottisti di regime se un cittadino scrive su Twitter qualcosa a favore del M5s è un complotto, ci deve essere qualcosa sotto, è un fake. Sveglia! E’ una persona che scrive su twitter. Pd e Lotti sono ridicoli perché perdono tempo con i complotti”.