Tabella aumento pensioni da gennaio 2023. La perequazione automatica è il meccanismo di rivalutazione dell’importo delle pensioni adeguato all’aumento del costo della vita determinato dall’ISTAT si applica a tutti i trattamenti pensionistici erogati dalla previdenza pubblica. Per il 2023 la rivalutazione delle pensioni è fissata al 7,3%.

Tabella aumento pensioni da gennaio 2023

Da gennaio 2023 cambiano le regole sulla rivalutazione pensioni poiché entra in vigore un nuovo sistema di calcolo a sei fasce introdotto dalla Legge di Bilancio 2023 che va a sostituire quello vecchio a tre fasce.

La rivalutazione dovuta all’inflazione avverrà per intero solo per gli assegni fino a 2.254,96 euro con un tasso di riallineamento (ovvero un aumento) del 7,3%. Per gli importi superiori a 2.254,96 euro, viceversa, intervengono altre 5 fasce con un tasso di rivalutazione più basso, cha va dall’85% al 32% del 7,3% via via che l’assegno aumenta.

Il trattamento minimo di pensione per i dipendenti ed i lavoratori autonomi nell’anno 2023 è pari a: 563,74 euro (7.328,62 euro annui). Per i titolari di trattamenti pensionistici di età pari o superiore a 75 anni, e solo per il 2023, si applica un ulteriore aumento del 6,4%, portando la pensione minima a 600 euro.

  • Per i trattamenti pensionistici complessivamente pari o inferiori a quattro volte (2.101,52 euro) il trattamento minimo INPS, le pensioni saranno rivalutate nella misura del 100 per cento (pieno 7,3%);
  • per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a quattro volte (2.101,52) il trattamento minimo INPS, le pensioni saranno adeguate nella misura dell’85 per cento (6,21%) per i trattamenti pensionistici complessivamente pari o inferiori a cinque volte il trattamento minimo INPS (2.626,90 euro).
  • per le pensioni di importo superiore a cinque volte il predetto trattamento minimo (2.626,90 euro) la rivalutazione sarà del 53 per cento (3,87%) per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il trattamento minimo INPS (2.626,90 euro) e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo INPS (3.152,28 euro).
  • Per le pensioni di importo superiore a sei volte il predetto trattamento minimo (3.152,28 euro) nella misura del 47 per cento (3,43%) per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a otto volte il trattamento minimo INPS (4.203,04 euro circa).
  • Per i trattamenti pensionistici di importo superiore a otto volte il predetto trattamento minimo (4.203,04 euro) la rivalutazione sarà pari al 37 per cento (2,70%) per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a otto volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a dieci volte il trattamento minimo INPS (5.253,80 euro).
  • Per le pensioni di importo superiore a dieci volte il predetto trattamento minimo, l’incremento avverrà nella misura del 32 per cento (2,34%) per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a dieci volte il trattamento minimo INPS (superiore a 5.253,80 euro).

Quota 103

La Quota 103 consente di andare in pensione con 41 anni di contributi e 62 anni di età anagrafica, mentre per chi decide di restare al lavoro è stato rifinanziato il bonus Maroni che prevede una decontribuzione del 10%.

Il meccanismo di Quota 103, del resto, è semplice: per andare in pensione occorreranno 62 anni di età e 41 di contributi. Si tratta di due requisiti che offrono maggiori opportunità di lasciare il lavoro in anticipo. Rispetto a Quota 102, per cui occorrevano 64 anni di età, si può anticipare la pensione di due anni anagrafici, anche se aumenta la quota contributiva rispetto, per esempio, a Quota 100 (erano 38 gli anni contributivi necessari per l’accesso). 

Il piano del Governo è quello di arrivare entro 3 anni alla Quota 41 per tutti. La misura secca tanto voluta dalla Lega.

Per arrivare dall’attuale Quota 103 alla Quota 41 secca ci vorranno due o tre anni di misure flessibili. E proprio per questo la riforma pensioni del 2024 potrebbe non essere quella definitiva.

Opzione Donna 2023

Per il 2023 rimane la possibilità dell’anticipo pensionistico con un’età di 60 anni, che può essere ridotta di un anno per ogni figlio e nel limite massimo di 2 anni, ma limitatamente a tre categorie specifiche di lavoratrici: caregiver, invalide almeno al 74% licenziate o dipendenti da aziende con tavolo di crisi. Il Pd insiste però per tornare alla versione attualmente in vigore, senza vincoli legati ai figli e valida dunque per tutte le donne.

Confermato l’innalzamento a 600 euro le pensioni minime per gli over 75, ma soltanto per il 2023 e saranno finanziate con il taglio di un mese di copertura del reddito di cittadinanza. La misura è stata chiesta a gran voce da Forza Italia.

“Abbiamo previsto la revisione del meccanismo di indicizzazione delle pensioni per gli anni 2023 e 2024, è stata elevata la percentuale della fascia di pensioni da 4 a 5 volte la minima e ridotte conseguentemente quelle a salire per quanto riguarda i redditi”, ha spiegato Giorgetti.

ensioni fino a 5 volte il minimo sale così da 153 a 162,8 euro (con il precedente schema del governo Draghi sarebbe stato di 172 euro).