Brutta avventura per il figlio di Matteo Salvini, Federico, che la sera del 23 Dicembre è stato rapinato a Milano. Il diciannovenne, infatti, era atteso a cena quando si è presentato in ritardo e visibilmente scosso. Racconta di trovarsi più o meno dalle parti di via Novara, zona ovest della città, quando tre individui si sono avvicinati chiedendogli una sigaretta o qualcos’altro. È un classico approccio da rapinatori di strada. Il ragazzo, 19 anni, primogenito del leader della Lega e vicepresidente del Consiglio, non ha tempo di reagire: i tre hanno tirato fuori un coccio di bottiglia e glielo hanno puntato al collo. Volevano il cellulare. La telefonata al 112 parte dalla scorta del ministro.

Il figlio di Salvini rapinato a Milano: la dinamica. Prima l’aggressione e poi la fuga a piedi

I tre lo strattonano in fretta e scappano a piedi. Il giovane non può avvisare di quanto gli è accaduto ne tantomeno del suo ritardo. Non gli resta che allungare il passo e dare l’allarme a voce. Dal numero unico di emergenza, la chiamata della scorta viene smistata alla Questura. Sul posto arrivano gli agenti delle volanti, gli specialisti dell’Antirapine della Squadra mobile, gli esperti della Digos. Ma appare subito chiaro che l’aggressione non ha nessuna matrice politica. È invece un colpo “semplice” quello su cui indagano, dalla sera del 23 dicembre, gli investigatori della quinta sezione della Mobile, guidati dal funzionario Francesco Federico e dal dirigente Marco Calì. Pesante è il cognome della vittima, e non del tutto sconosciuto alle cronache. Comparve tre anni fa quando, sulla spiaggia di Milano Marittima gli venne concesso un giro in mare con una moto d’acqua della polizia. Il videoreporter di Repubblica Valerio Lo Muzio riprese l’escursione, tre agenti provarono a impedirglielo chiedendogli i documenti ma finirono denunciati per peculato e violenza privata: accuse poi cancellate da un’assoluzione. Ricevuta la notizia, i poliziotti si mettono subito al lavoro come da prassi: una squadra si dedica a una “battuta” nei dintorni della rapina, cercando testimoni e telecamere che possano aver ripreso la scena, altri agenti caricano Federico Salvini a bordo di una volante, in attesa che il segnale dello smartphone si riattivi e possa permettere la geolocalizzazione dell’apparecchio e dei suoi aggressori. Cosa che non avviene.

Il cellulare riconsegnato da un commerciante

La svolta arriva la sera della vigilia. A chiamare il 112 stavolta è uno dei tanti esercenti egiziani del quartiere San Siro, uno di quelli che tiene aperto fin oltre l’orario del cenone per i clienti last-minute. Spiega al centralino che uno dei suoi avventori si è presentato proponendogli un telefono come nuovo e a prezzo di favore. Glielo ha lasciato, per invogliarlo. L’affare non gli è piaciuto. Puzzava. Una volante corre al negozio e lo prende in consegna. Del venditore non si sono più avute notizie. Dall’ufficio reperti della Questura vengono contattati i colleghi della scorta di Matteo Salvini. Arrivano il vicepremier e il figlio Federico e si, quell’apparecchio è proprio il suo. Per quanto riguarda i rapitori, la mobile avrebbe già indizi precisi.